La provincia di Cuneo trabocca di tradizioni e leggende di ogni genere. In passato vi avevo parlato dei sarvanot, in Valle Varaita (qui l'articolo), ci sono poi le masche e ci sono anche le "faje". Oggi vi voglio parlare proprio di loro, di questi esseri di piccole dimensioni, simili agli esseri umani, che evitano però il contatto con l'uomo ed escono allo scoperto solo quando sanno di non essere viste. Vivono in tane sotterranee o in tronchi d'albero e, a volte, hanno anche un carattere vendicativo. Nella zona di cui tra poco vi parlo, alcuni abitanti avevano pensato di scacciarle dalle loro abitazioni, senza un vero e proprio motivo, solo per cattiveria. Le faje se ne andarono ma mandarono maledizioni sul luogo che, infatti, si trovò colpito da siccità, disgrazie e altri fatti strani.
Si racconta anche di bambini sostituiti nella culla, il cui scambio veniva ripristinato quando il piccolo di faja veniva fatto piangere e la madre, colpita, veniva a riprenderselo, riportando il piccolo umano. Durante lo scambio la faja addirittura si lamentava del trattamento riservato dalla donna umana al proprio figlioletto mentre lei invece aveva trattato con amore il bambino.
In realtà queste leggende in Piemonte sono poco conosciute, ormai se ne sta perdendo la memoria, in Liguria pare siano molto più vive. Anche per questo ho deciso di parlarvene.
Si, ma dove troviamo tutto questo mistero? A Envie, in frazione Occa, tra Revello e Barge, ai piedi del Montebracco. Sul monte (di cui vi avevo già parlato negli articoli su Balma Boves e sulla Certosa della Trappa) esiste una "Roca dle faje", una specie di barma da loro usata per stendere il bucato. E da qui nasce anche un proverbio, anche questo purtroppo sempre meno utilizzato. Quando una donna non è capace a stendere bene (come me, ad esempio, a detta di mia madre), si dice che ha fatto "la stendua dl'e faje" perchè, pare, che anche questi esserini avessero ben poca pazienza nell'espletare i lavori domestici, in particolare il bucato.
Torniamo a noi: se vi avanza mezzoretta, durante un giro ai piedi del Montebracco, potete fermarvi in frazione Occa (ampio parcheggio dietro la chiesa) e dare uno sguardo ai murales sulle case. Sono molto interessanti e vi faranno entrare in una dimensione da fiaba; raffigurano le quattro stagioni (devo dire che quello invernale è anche un po' inquietante, perchè raffigura una faja che sbircia all'interno di una casa, in cui due donne sono intente a lavorare, e sta pensando a fare lo scambio di culle di cui vi parlavo prima). Sono stati realizzati nel 2014 da Rita Conti, l'artista che ritrovate anche a Usseaux, comune del torinese conosciuto appunto per questo tipo di pittura.
Oltre ai murales trovate anche appese varie fotografie d'epoca relative alla frazione, sempre un bel modo per ricordare i tempi passati. Ci sono anche la raffigurazione di un particolare dell'altare maggiore della chiesa e un ricordo degli alpini (con il Monviso a incorniciare la scena).
Il castello visto dall'esterno |
Si tratta di un castello in attuali forme neogotiche ricostruito sicuramente su rovine precedenti (esisteva infatti qui fin dal 1260 un castello dei marchesi di Saluzzo), dal Conte Carlo Guarnerio Guasco di Castelletto nei primi anni dell'Ottocento. E' interessante sapere che che il castello diventò presto un punto di riferimento culturale e artistico per personaggi di spicco dell'epoca, come Silvio Pellico, che vi soggiornò a lungo, Massimo D'Azeglio e, addirittura, i reali di Savoia.