martedì 26 settembre 2023

CASTELLO DEL ROCCOLO

Di Busca vi avevo già parlato in un altro articolo (se ve lo siete perso lo trovate cliccando qui); vi avevo portati nel centro della cittadina, purtroppo poco conosciuta ma meritevole di visita. C'è però un luogo nel territorio di Busca che conosco teoricamente da un sacco di tempo, ma che non avevo mai avuto occasione di visitare, probabilmente perché rifuggo la folla e le visite domenicali non facevano al caso mio. Quest'anno, però, ad agosto sono state aggiunte alcune aperture infrasettimanali e finalmente ora posso parlarvi di questo luogo da sogno: il castello del Roccolo.

Vi ho spesso parlato di castelli medievali, di costruzioni di difesa nate su castrum antichissimi, a volte trasformate in dimore signorili, ma il Roccolo non è così, è unico nel suo genere, almeno qui nel cuneese. Questo perchè è un castello neogotico.

Si arriva al castello dalla frazione S. Quintino, tramite una strada che da asfaltata diventa sterrata, in mezzo al verde, e ci si trova subito in un altro mondo, più tranquillo, più fresco. Se dalla pianura si intravede solo una torre, arrivandoci vicino non si vede più nemmeno quella, bisogna scoprire la residenza pian piano, dal parco in poi, a ogni angolo una sorpresa. Ma, come sempre, partiamo da un po' di storia.

Il castello viene costruito per volere (e in gran parte su disegno) del marchese Roberto Tapparelli d'Azeglio, fratello del più famoso Massimo, e della moglie, Costanza Alfieri di Sostegno, tra il 1831 e il 1860. Grazie alla moda dell'epoca e alla cultura anglosassone dei marchesi la struttura viene edificata in stile neogotico, con un insieme molto armonico di archi moreschi, decorazioni floreali, bifore, trifore eccetera.

Residenza di villeggiatura dei marchesi, è attorniata da un parco (disegnato col contributo di Xavier Kurten, famoso per il parco del castello di Racconigi) con laghetto, serre, terrazze, viottoli, piccoli angoli con panche e tavolini ecc. Attualmente è difficilissimo riuscire a mantenere fruibile un parco del genere, quindi non è tutto visitabile ma, con la fantasia che avete voi che mi leggete da tempo, riuscirete sicuramente a immaginare i marchesi e i loro ospiti passare il loro tempo libero in questo luogo, magari con un po' di invidia, visto che spesso ai giorni nostri, ciò non ci è concesso. Sappiate che qui hanno trascorso piacevoli momenti anche Silvio Pellico e la regina Margherita (anche perché la sua dama d'onore era Paola Rignon, moglie di Emanuele Pes di Villamarina, figlio di Melania, di cui vi parlerò in seguito).

Le serre monumentali

Vi racconto il castello come l'ho visitato io. Inoltrandomi in un primo sentiero sono arrivata alla terrazza panoramica, da cui si può ammirare il centro di Busca e tutta la pianura. Subito al di sotto vi sono le serre monumentali, costruite dal 1846 al 1850 per volere di Costanza, appassionata di piante e fiori.

Il panorama dalle serre

Salendo poi per il sentiero si arriva al laghetto, circondato da piante e con moltissime ninfee. Pensate che all'epoca veniva usato anche come piscina, oppure lo si percorreva con una piccola canoa.

Il laghetto

Si arriva poi davanti al castello vero e proprio, nella sua classica inquadratura che vediamo online e sulle guide. Dallo scalone che sale da due parti, attorno a una fontana, si accede al doppio portone di ingresso: quello esterno in legno è quello originario, mentre quello in ferro, interno, è stato voluto dai Pes di Villamarina. Lungo le pareti della scala vi sono vari affreschi trompe l'oeil e si scorge in più punti il motto della famiglia: "d'acord".

Lo scalone d'entrata

Il grande salone principale è quello che spesso procura il classico"ooooh" di stupore, forse perché nel bel mezzo, cosa non di tutti i giorni, si trova una fontana in marmo, che ricorda gli ambienti arabi. Osservando poi gli affreschi sulle pareti si possono notare due castelli: uno è quello di Lagnasco, feudo storico della famiglia Tapparelli e, sopra il biliardo, il castello di Moncalieri che, a fine Ottocento, era, per la storia sabauda, più importante di Palazzo Reale di Torino.

Uscendo dal salone ci si ritrova in cortile e, sulla destra, si accede a un loggiato, che collegava il salone con la sala da pranzo. Questa è arredata con mobili realizzati da dipendenti del famoso ebanista Moncalvo e che richiamano sempre lo stile dell'epoca, con lo stemma della famiglia, elementi trilobati e statue intagliate nel legno. Il soffitto è decorato in stucco bianco su fondo azzurro e le vetrate colorate creano giochi di luce molto caratteristici sul pavimento dell'ambiente.

Tornati in cortile  si può visitare una piccola cappella, costruita nel 1842. Preceduta da un piccolo portico con elementi in cotto e una croce uncinata (simbolo della continuità del tempo, data dal senso rotatorio della croce stessa), presenta due pannelli di legno: sono parte degli stalli del coro provenienti dalla cappella marchionale di Revello; originariamente ce n'erano altri ma sono stati poi spostati da Emanuele Tapparelli (figlio di Roberto) nel museo di Casa Cavassa di Saluzzo.

Il portico della chiesetta

Lungo un sentiero non lontano dalla cappella si trova una lapide intitolata a Melania, la figlia di Roberto e Costanza. Sposata a Salvatore Pes di Villamarina, morì molto giovane a causa di un male non del tutto identificato e non potè nemmeno avere vicino il marito, spesso in viaggio, soprattutto in Sardegna. E ora, nonostante lei sia sepolta nel cimitero monumentale di Torino accanto al marito pare che, nelle notti d'estate, appaia nel castello del Roccolo con una fiammella in mano, sperando di veder tornare a casa il marito. Se siete conquistati dalla sua storia e volete approfondirla vi lascio il link  a un articolo molto interessante, scritto da Manuela Vetrano, in arte "La civetta di Torino".

Accanto al castello si trovano poi alcuni edifici più semplici, in stile neomedievale, con merli a coda di rondine: erano le scuderie e ambienti di servizio; c'è anche una torre quadrata, più alta delle altre, che assomiglia a quella che trovate in centro a Busca, presso l'edificio del comune.

Mi sono dimenticata di dirvi che il castello prende il nome dai "roccoli", cioè dalle reti utilizzate per catturare piccoli uccelli. 

Dopo i Tapparelli D'Azeglio proprietari furono i Pes di Villamarina e ora varie famiglie locali e non ma, attualmente, il castello è gestito e valorizzato dall'Associazione Castello del Roccolo, che è possibile aiutare anche col 5x1000 della dichiarazione dei redditi. E' inoltre un'ottima location per eventi e matrimoni.  Sul sito del castello trovate tutte le informazioni necessarie e potete seguirlo anche su Facebook e Instagram, per rimanere sempre aggiornati e per circondarvi di bellezza neogotica.

lunedì 21 agosto 2023

IL CASTELLO DI VERZUOLO

 C'è un castello, nel saluzzese, che sogno da 30 anni, cioè da quando, a scuola,  ho studiato il Marchesato di Saluzzo. E lo sogno perché è sempre stato lassù, sulla collina, ben nascosto tra il fogliame, impenetrabile e visibile solo da lontano. Non abitato, non visitabile, decadenza totale. Eppure, di grande importanza storica per il marchesato. Per fortuna le cose sono cambiate, di recente il castello è stato venduto e, in attesa della futura definitiva destinazione d'uso, è tornato visitabile. 

Sto parlando del castello di Verzuolo e, dal mio racconto, capirete come mai l'ho sognato per così tanto tempo. Ma, come sempre, partiamo dall'inizio. Vi avviso che sarà un viaggio lungo ma, secondo me, di grande fascino.

In un articolo passato vi avevo parlato del ricetto e dell'antica parrocchiale dei  Ss. Filippo e Giacomo (lo potete trovare cliccando qui). Ebbene, proprio da qui, un tempo, si trovava l'unico accesso al castello sulla collina, che non si presentava di certo come oggi. 

Prime notizie di un "castrum" si hanno dal 1087 e, nel 1142, il marchese di Saluzzo Manfredo I, vede la bellezza del borgo di Verzuolo, dei boschi pieni di selvaggina, e decide di impadronirsi del castello, che venne però danneggiato la prima volta nel 1357. Pochi anni dopo il marchese Federico II decide di ricostruirlo.

All'epoca il suo scopo è ancora quello difensivo, quindi con pochissime finestre, torri, camminamento di ronda (protetto dalla classica merlatura "a coda di rondine").

Anche l'interno si presenta molto semplice, con cucine e prigioni al piano interrato, grossi stanzoni al piano terra in cui venivano alloggiati i militari e stanze al primo piano per la famiglia del signore del castello.

Una curiosità: all'epoca era stata innalzata anche una torre, detta di Santa Cristina, da cui si poteva comunicare, mediante segnali di fumo o luminosi, con gli altri castelli della zona (Manta, Saluzzo e Revello, quest'ultimo l'unico che non poteva comunicare direttamente con gli altri, da qui l'esigenza di una torre). Questo ci fa capire come il maniero di Verzuolo fosse stato costruito in modo strategico e visibile da tutta la zona.

Il castello, per ben tre secoli, viene definito imprendibile, in quanto resiste agli assedi di Carlo I di Savoia e di Giovanni Ludovico di Saluzzo, che avevano tentato di riconquistarlo dai francesi.

A partire dal XV secolo inizia una graduale trasformazione, come in molti altri castelli del saluzzese, con cambio di destinazione d'uso, da difensiva ad abitativa. 

Dopo varie vicissitudini si hanno ristrutturazioni molto importanti che lo porteranno a essere definito "la più bella e imponente fortezza del marchesato dopo Revello". La fortezza di Revello non esiste più, ed ecco un motivo per cui è importante invece portare avanti la memoria del castello di Verzuolo.


Queste ristrutturazioni le dobbiamo a Michele Antonio Saluzzo della Manta (di cui rimane il monogramma su un camino al piano superiore) e, soprattutto, al conte Silvestro della Manta, che lo abitò dal 1602 e che lo modificò completamente, facendolo diventare definitivamente luogo di villeggiatura per lui e i suoi discendenti. Di quest'epoca si hanno notizie di tre fontane di marmo bianco, fabbricati di servizio, il casotto del giardiniere e si ha il secondo ingresso, quello da cui si entra attualmente. Vengono costruite la "torre del belvedere" oggi non più esistente, dalla quale si poteva ammirare tutto il panorama dalle Alpi alla pianura cuneese e la "torre di Valfrigida" affacciata ancora oggi sull'omonima valle a nord della struttura e all'interno della quale vi erano due cappelle, una superiore di uso esclusivo dei signori e una inferiore, per il resto degli abitanti del castello.

Le grandi stanze interne vengono suddivise in più ambienti (e i militari spostati dal piano terra al sottotetto), abbellite e decorate.

L'ultima cucina utilizzata del castello

I giardini avevano alberi di agrumi, c'erano la citroniera, un pergolato, il forno, il pozzo (esistente ancora oggi), la colombaia, la ghiacciaia, un'asparagiaia, una carciofaia e l'orto. C'erano molti vigneti, e il vino prodotto al piano interrato del castello era molto conosciuto e richiesto anche dal fossanese. Grazie agli studi ampelografici di Giuseppe di  Rovasenda, che aveva collezionato un numero enorme di vitigni, sappiamo che a Verzuolo venivano prodotti il Neretto e il Pignolo.

Non so voi ma io riesco, con un po' di fantasia, a immaginare la vita all'epoca, i contadini che lavorano, i signori che passeggiano nei giardini col sottofondo dell'acqua che esce dalle fontane. Vedo un castello magnifico e molto ricco.

Nel 1606 Verzuolo ospita il duca di Savoia Carlo Emanuele I, e anche questo ci fa capire l'importanza del luogo. Della sua visita rimane la lastra di marmo sullo scalone principale.

Lo scalone principale

Grazie alle incisioni di Gonin e alle descrizioni dell'Eandi sappiamo che, nell'Ottocento, il castello era immerso nella vegetazione, vi erano un orologio sulla torre di levante, ritratti sulle pareti degli abitanti del castello nella storia, vari tesori d'arte, come dipinti, arredi ecc. Persino un autore tedesco realizzò un disegno a inchiostro del castello, quindi immaginate la fama che poteva avere nell'Ottocento, se addirittura arrivavano dall'estero per ritrarlo.

Il salone al piano terra

L'Ottocento è il secolo del neogotico, come si può capire ancora oggi dalle decorazioni su pareti e soffitti di varie stanze; nel castello poi vi sono letti con baldacchini di velluto (uno ancora visibile adesso in una stanza al piano superiore, probabilmente troppo grosso per essere portato via), dipinti (oggi ne rimangono alcuni, molto deteriorati), arazzi, armature, armi. Vi era conservato addirittura il Collare dell'Annunziata, donato nel 1638 da Madama Cristina a Michele Antonio di Manta (ora nel museo di Postdam. Chissà poi perché lì, io l'avrei visto bene in un museo piemontese).

Il castello viene visitato da studiosi, soci del circolo degli artisti di Torino, nobili, reali: qui vi soggiornò infatti nel 1831 la regina Maria Teresa, vedova di Vittorio Emanuele I, che voleva addirittura comprarlo, ma purtroppo muore l'anno successivo. Nel 1920 il castello accoglie il principe di Piemonte Umberto II. 


A fine 1800 il castello è stato studiato da  Riccardo Brayda e, soprattutto, da Alfredo D'Andrade, che avete sicuramente sentito nominare riguardo alla progettazione del Borgo Medievale di Torino. E proprio uno degli edifici del borgo, la torre d'Alba, si presenta, per forma e decorazione, come una torre del castello di Verzuolo. Anche la tettoia mercatale e una chiesa del paese sono state prese a esempio per il borgo medievale. 

Nella seconda metà dell'Ottocento il castello veniva utilizzato come luogo di villeggiatura occasionale e presentava già segni di decadimento. A inizio Novecento vengono vendute quasi tutte le opere d'arte e gli arredi, compresi fontana e cancello in ferro battuto, soprattutto negli Stati Uniti. Si ha notizia di un catalogo d'asta con numerosi oggetti indicati come provenienti da Verzuolo, anche se non ci sono fonti certe.


Nel 1916 crolla la torre di ponente, e il materiale viene recuperato per costruire il muraglione che chiude il cortile della chiesa dei SS. Filippo e Giacomo. Nel 1838 vengono demoliti la torre del belvedere e varie altre parti dell'edificio, perché pericolanti. Vengono ancora effettuati lavori di consolidamento ma l'edificio viene abbandonato e lasciato incustodito.

Tornando ai proprietari, con l'estinzione del casato di  Saluzzo della Manta e di Verzuolo il castello passa, per testamento dell'ultimo esponente, nel 1840 circa, alla famiglia Mola di Larissè, loro cugini. Una loro figlia sposa il conte Barbiellini Amidei, famiglia che ha mantenuto la proprietà fino al 2022, quando è stato venduto a un imprenditore lombardo che opera nel settore immobiliare.

E proprio grazie a lui, l'imprenditore Graziano Rustico, nonchè alla Pro Loco di Verzuolo, e agli architetti che stanno curando l'edificio, possiamo di nuovo visitarne una parte.

Quando l'ho scoperto ho prenotato immediatamente e sono arrivata sul posto super emozionata, anche se non credevo che ci sarebbe stato così tanto da visitare all'interno. 

Dopo il viale alberato e la casetta del custode si passa sull'antico ponte levatoio e si arriva nello spiazzo di fronte al castello, col pozzo.  Si entra poi al piano terra, dove si visitano il salone principale, alcune camere e una cucina. Si sale poi al piano superiore, tramite la bellissima scala di cui mi sono subito innamorata e di nuovo mi sembrava di vedere le nobili percorrerla con i loro voluminosi abiti d'epoca, un sogno. Si visitano poi altre stanze, di cui una con un favoloso letto a baldacchino d'epoca, da restaurare, il che lo rende ancora più originale e magico. Tra camini di marmo con iscrizioni e decorazioni, affreschi neogotici sui soffitti, arredi di vario genere (pochi ma interessanti) la visita scorre in un lampo, anche grazie alle ottime spiegazioni  delle guide.

Dettaglio di un camino

Come sempre ho provato a rileggere questo articolo come se fossi una semplice lettrice del blog e, anche se è molto lungo, io l'ho trovato "corto", nel senso che a ogni paragrafo mi veniva da dire "ma io voglio saperne di più". Ovviamente su un blog non si può scrivere tutto quanto si vorrebbe, altrimenti diventerebbe un libro (e, a proposito, chissà se in futuro il castello di Verzuolo diventerà anche un libro, sarebbe stupendo), ma ho trovato fonti inestimabili di informazioni, sia cartacee sia digitali. Una fonte che chiunque può consultare per scoprire tutto, ma proprio tutto, sul castello è la tesi di laurea di tre architetti, Gerardo Bonito, Alex Barbero e Fabio Calosso.  A questo link  trovate la tesi, fidatevi, vi si aprirà un mondo, se anche voi come me, avete letto questo articolo con la voglia di sapere e di vedere altro, in quanto nella tesi vi sono anche immagini sia dei giorni nostri (anche dei locali non visitabili), sia le riproduzioni d'epoca, litografie, incisioni, cartoline. 

Altra fonte importante, per reperire notizie sul castello e su tutto il circondario, è il libro "Il marchesato di Saluzzo tra Gotico e Rinascimento", di Silvia Beltramo, Viella edizioni. 

Attualmente il castello non è sempre visitabile, bisogna tenere quindi d'occhio il sito della Proloco per rimanere aggiornati sulle prossime occasioni.

Ps. leggo in giro che nel castello ci sarebbero i fantasmi. Beh, non sarebbe di certo una novità nemmeno quella :)

venerdì 7 luglio 2023

DUE CASTELLI NEL ROERO

Questa volta vi voglio parlare di due castelli nel Roero, non lontani da Alba. Uno è molto, molto conosciuto, l'altro molto, molto poco. Vi parlerò di Govone e Magliano Alfieri.

Partirei proprio da quest'ultimo paese, il cui castello svetta sulla collina a sinistra quando si transita sulla strada che da Alba si dirige verso Asti. Un bel giorno mi ritrovo con del tempo libero, vedo il castello e mi chiedo subito se è visitabile. Una rapida ricerca online mi fa scoprire che, al suo interno, ci sono il "Museo di  Arti e Tradizioni Popolari" e il Museo "Teatro del Paesaggio delle colline di Langa e Roero". Provvedo subito a raggiungerlo.

Ma prima due parole sul paesino. Comodo parcheggio e si è subito davanti al castello, con di fianco un bel parco all'ombra. Poco dopo ci si trova sul sagrato della Parrocchiale di  Sant'Andrea, che si affaccia sul belvedere, un panorama spettacolare, da non perdere. Anche qui una piccola zona verde, con una "casetta" per il bookcrossing del progetto "Leggere ovunque". 

La casetta del bookcrossing

Ma arriviamo al castello: di origine medievale, è stato ricostruito dal conte Catalano Alfieri (famiglia a cui appartiene dal 1240) nel Seicento. Modificato successivamente, attualmente si presenta nello stile barocco piemontese. Sul lato est del castello si può visitare la cappella gentilizia della famiglia Alfieri, in stile "barocchetto". 

Salendo lo scalone interno si raggiungono i musei di cui vi parlavo prima. Mi sono sembrati poco frequentati ma, secondo me, sono comunque da vedere (tra l'altro sono anche in Abbonamento Musei) perchè raccontano la vita della zona, con esposizione di attrezzi d'epoca, con stanze dedicate ai vari aspetti: la casa, la religione, l'allevamento, l'agricoltura, i vigneti ecc, con contributi che fanno capire le modifiche che sono state fatte al territorio nel corso dei decenni. Una parte molto interessante è quella sui soffitti in gesso, magnifiche decorazioni ritrovate, inizialmente per caso, in umili case contadine.

Un interno del castello

Se volete più informazioni sul castello potete cliccare qui.

E dal lato contadino del territorio passiamo invece al lato nobile: andiamo a Govone. Paese conosciuto ormai per la famosissima manifestazione natalizia, è dominato dal castello reale, residenza estiva di Carlo Felice di Savoia. Dal 1997 patrimonio Unesco, il castello è molto più antico, già in epoca medievale c'era qui una fortezza, chiaramente rimaneggiata col tempo, come succede un po' ovunque. I proprietari di allora, i conti Solaro, chiesero a Guarino Guarini di ampliarlo e abbellirlo, ma i lavori verranno terminati da Benedetto Alfieri, nel XVIII secolo. Divenne proprietà dei Savoia nel 1792, mentre da inizio Novecento è del Comune, che lo rese anche scuola (come si può notare da alcuni "graffiti" dei bambini sui muri) e luogo di comunità per i cittadini.


Chiaramente spiegare qui tutto il castello sarebbe troppo lungo, sappiate che da visitare ce n'è, immergendosi nell'atmosfera bucolica della vita di villeggiatura, affacciandosi dalle finestre per ammirare il verde o i tetti del paese. 

Il paese visto dal castello

Dai telamoni che vi danno il benvenuto ai lati dell'entrata principale (e che arrivano dalla reggia di Venaria) si procede poi verso gli appartamenti del re Carlo Felice e quelli della regina Maria Cristina di Borbone, raffigurati anche in vari ritratti. Altri quadri invece rappresentano i precedenti proprietari. 


Di grande effetto sono le decorazioni in carta da parati cinese degli appartamenti dei principi della corte in visita. Presenti in varie residenze reali, secondo il gusto dell'epoca, qua si presentano veramente in abbondanza: sono quattro cicli riguardanti porcellana, thè, riso e seta; moltissimi sono i personaggi e i particolari da osservare in questa zona del castello.

Le stanze cinesi

Si arriva poi al salone d'onore, che è l'ultimo locale che si visita, per concludere in bellezza. Affrescato totalmente a trompe l'oeil propone finte architetture che danno l'impressione di essere in mezzo a sculture e colonne. Il tema raffigurato è il mito di Niobe che Carlo Felice, da uomo di cultura qual'era, aveva visto a Firenze ai tempi del suo fidanzamento. 

Il salone d'onore

Una curiosità, in questo castello è stato registrato, pochi anni fa, il reality "Come una volta", in cui giovani ragazzi e ragazze venivano catapultati nel 1800, vivendo come all'epoca. Purtroppo in tv non ha avuto il successo meritato, il pubblico italiano è interessato ad altri generi di reality, ma il poco che si è visto è stato comunque molto interessante e rappresentativo dell'epoca.

Nel castello vengono poi organizzate anche mostre ed eventi di vario genere. 

Se volete maggiori informazioni sul castello cliccate qui, e vi si aprirà un mondo.



martedì 11 aprile 2023

MURELLO E I TEMPLARI

Essendo appassionata di tutto quanto riguarda la provincia di Cuneo, tempo fa sono incappata anche nei templari, in particolare col libro "I templari in Piemonte", di Massimo Centini. Su questo libro sono elencate le varie strutture che esistevano in tutta la regione: alcune non esistono più, altre sono state trasformate col tempo. Con sorpresa ne ho trovate diverse nella mia provincia. Uno di questi luoghi è Murello, un piccolo comune non lontano da Savigliano, poco conosciuto e sicuramente tranquillo. Come dico spesso, magari non partite appositamente per andarlo a visitare (anche perchè nessun edificio di cui vi parlerò è visitabile internamente, a eccezione della chiesa, se la trovate aperta) ma, se siete in zona, vale sicuramente la pena di fermarsi una mezzoretta.

La chiesa e il castello

Come detto poco fa è un luogo molto tranquillo, e lo era anche nel Medioevo, quando era sotto il controllo dei Marchesi di Busca, i quali cedettero, nel 1211, parte dei diritti all'Ordine dei Cavalieri del Tempio, i quali fecero erigere il castello. Occorre un po' di immaginazione, per vederlo com'era all'epoca, inizialmente una sola torre, poi ampliato nel tempo, con tanto di fossato, ponte levatoio e feritoie.

Il castello

Quando i Templari hanno iniziato a essere perseguitati un po' ovunque, Murello era talmente isolato e ben protetto dai Marchesi di Busca che i Cavalieri hanno potuto continuare a svolgere le loro attività senza problemi, in piena libertà, tra l'altro bonificando la zona, acquitrinosa, e rendendo così fertili i terreni.

Nel 1312, soppressi i Templari, il castello passa all'Ordine Gerosolimitano, fino al 1789, anno in cui passa al demanio. Dal 1871 diventa canonica e abitazione del parroco, funzione che svolge ancora oggi. Sul muro della scuola, di fianco al castello, vi è un murales raffigurante un gigantesco templare, che aiuta a far viaggiare la mente a quei tempi.

Il castello si trova di fianco alla chiesa, e si nota subito che i due edifici facevano parte di un complesso recintato che comprendeva anche cimitero, pozzo e commenda agricola. Il tutto adiacente ad altri edifici, oggi non più presenti, affacciati sul canale: mulino, segheria, mattatoio e ghiacciaia (nell'area attualmente occupata dal Comune).

La chiesa di San Giovanni Battista, originaria del  Trecento/Quattrocento è stata completamente rimaneggiata negli anni '30 in stile neogotico. Si intravede ancora sulla facciata un grande affresco praticamente del tutto deteriorato, come su molte altre chiese della provincia.

I templari appaiono anche sullo stemma del Comune, conferito nel 2003 dal Presidente della Repubblica, e costituito dalla torre templare e dalla croce dell'Ordine di Malta, ricordando quindi i due ordini che hanno rappresentato il paese nel corso dei secoli.

Ma a Murello c'è anche un'altro edificio curioso: una casa colonica di fine 800 tutta affrescata con motivo kilt scozzese. Sicuramente più unico che raro da trovare. Era la casa di campagna della famiglia Calandra, conosciuta soprattutto per Davide, scultore (da vedere la Gipsoteca a Savigliano, a lui dedicata) ma a cui appartennero anche altri personaggi importanti. 

La casa colonica, residenza estiva dei Calandra

Il padre di Davide, Claudio, fu infatti avvocato, ingegnere e sindaco di Murello (nel 1864) ed Edoardo, l'altro figlio, fu uno scrittore e pittore molto conosciuto ai suoi tempi. Tra le opere si trova il romanzo "La bufera", ambientato proprio a Murello e dintorni. Non resta che cercarlo e leggerlo, per conoscere meglio questo angolo di saviglianese. La loro abitazione attualmente si presenta come una casa popolare, quindi chiaramente non visitabile ma con la solita fantasia che occorre avere quando si visita un luogo, è facile immaginare la famiglia, con i loro abiti del tempo, seduta magari in giardino, a godersi il fresco all'ombra degli alberi.

Ma non è tutto qui. Non lontano dal centro di Murello si trova il castello di Bonavalle, totalmente in rovina ma, anche solo passando per la strada principale, si fa comunque notare, quindi vale la pena di spendere due parole. Ci si può innanzitutto avvicinare un po' con l'auto, arrivandoci molto vicino, al limite dell'azienda agricola che lo "contiene".

Sì, perchè questo castello è proprio nato con funzione difensiva di un feudo agricolo, nel 1200 circa. Persa poi questa funzione, è stato trasformato in residenza estiva dei proprietari, che sono cambiati nel tempo, anche se la famiglia che più ha avuto interesse nell'edificio è stata quella dei Turinetti. E proprio il Tenente Colonnello d'Artiglieria Demetrio Curzio Emanuele Turinetti, nel 1849, decise di vivere in questo luogo (è stato l'unico a farlo), per dedicarsi all'agricoltura e rendendo quindi nuovamente operativo il castello come azienda agricola. La tenuta fu poi venduta al pittore  Augusto Levis, il quale lo lasciò in eredità al comune di Racconigi, con il volere che fosse trasformato in ospedale. Il suo volere non venne realizzato ma una casa di riposo a suo nome è stata costruita a Racconigi.

L'edificio si presenta attualmente ancora con le torrette angolari, diverse tra loro, quindi risalenti a diverse epoche, e una facciata con un orologio. Una leggenda racconta dell'esistenza di un percorso sotterraneo che che lo collega col castello templare in centro paese. 

Pur essendo attualmente ridotto allo stato di rudere esiste un sito internet (lo trovate qui) contenente moltissime informazioni e immagini del castello (compresa un'immagine del Gonin, del 1854, in cui appare splendido).

Visto come anche un piccolo comune può avere molto da scoprire?