Della Valle Grana non avevo ancora avuto modo di parlarvi, se si esclude l'articolo su Caraglio, la cittadina all'imbocco della vallata. E' conosciuta sicuramente per il santuario di Castelmagno ma io voglio portarvi in un luogo meno famoso ma veramente molto suggestivo. Il paese si chiama Monterosso Grana e una delle sue frazioni, San Pietro, è abitata da personaggi d'altri tempi.
Dovete sapere che la piccola frazione è ormai quasi disabitata (ma l'edificio di un albergo lascia pensare che una volta invece fosse un luogo di villeggiatura molto frequentato) e gli abitanti rimasti hanno deciso, nel 2003, di creare un vero e proprio museo etnografico all'aperto, costruendo pupazzi di paglia e stoffa, abbigliati come a fine Ottocento. I pupazzi sono poi stati sistemati in giro per il paese, su balconi, sotto porticati, nei cortili e anche in alcune ambientazioni chiuse. Ma partiamo dall'inizio.
Il percorso inizia praticamente davanti alla chiesa di S. Pietro (che presenta un interessante fonte battesimale degli Zabreri, scalpellini della valle Maira molto attivi in tutte le nostre vallate), dove trovate la prima ambientazione, al fondo di un cortile (dove c'è anche un cesto bookcrossing, per lo scambio di libri): la stalla. Questo perchè una volta le famiglie usavano ritrovarsi la sera nelle stalle, ambienti riscaldati dagli animali, e si raccontavano storie, i giovani si potevano conoscere e incontrare sorvegliati dai genitori, prima di potersi fidanzare.
Chiaramente non sto a raccontarvi tutti i vari personaggi perchè sono più di cento ma, proseguendo per le vie del paese troverete altre ambientazioni, come la cucina, il fornaio e il macellaio, la scuola. Ogni ambiente è ricco di ricordi ed emozioni e chi di voi ha più di 40 anni sicuramente ha ancora presente l'utilizzo di vari oggetti che vedrete in giro. Se invece siete con persone ancora più avanti nell'età (io sono andata con i miei genitori) sapranno raccontarvi l'uso, e magari anche i nomi in dialetto, di attrezzi che i più giovani non hanno mai visto prima. Oserei dire che tutto questo percorso richiederebbe un bel libro fotografico, proprio per spiegare anche ai più giovani com'era la vita di una volta.
L'ambiente che più mi ha emozionata è stato sicuramente la scuola, con tutti i libri antichi posti qua e là, i quaderni con gli esercizi, le cartine geografiche appese al muro ...
E non pensate che "visto una volta non ci vado più", perchè se ritornate a distanza di tempo, troverete differenze, personaggi diversi, che si sono spostati, che si sono inventati nuove vite e nuove storie da raccontarvi.
Ultima tappa artistica di questa piccola gita è la cappella cimiteriale di S. Sebastiano (cimitero del capoluogo, non di S. Pietro). A prima vista la chiesa non è niente di particolare, è piuttosto recente; questo perchè l'area affrescata si trova nella primitiva costruzione che, in origine, era aperta sui lati, in modo da offrire riparo a viaggiatori e pellegrini. L'apertura è ricordata da una vetrata che, attualmente, vi lascia intravedere l'interno affrescato da Pietro di Saluzzo nel 1468. Gli affreschi raffigurano gli Evangelisti, le sante Barbara, Chiara e Cristina, le storie del martirio di San Sebastiano ... Certo, gli affreschi sono tanti e se si ha il tempo sicuramente è una cosa valida andare a chiedere le chiavi per poter entrare e osservarli bene da vicino, ma la vetrata è comunque un'ottima cosa per farsi un'idea dal vivo di opere che spesso vediamo solo sui libri o sui depliant turistici.
Sempre in zona parte anche il sentiero dei sarvanot, che però io non ho fatto e del quale quindi non posso dirvi molto. So che circonda il paese, che è necessaria circa un'ora e mezza per percorrerlo tutto, quindi se vi va di camminare cercate le bacheche che vi spiegano il percorso e partite alla scoperta anche di questa bella iniziativa immersa nella natura.
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