domenica 13 dicembre 2020

CARAGLIO

Vi avevo già parlato di Caraglio in un altro articolo (ecco il link) riguardante il Filatoio e la collina, con i ruderi del castello e la panchina gigante.

Il centro del paese, all'inizio del centro storico

Caraglio è uno di quei paesi in cui ci si ritrova spesso di passaggio, per andare in Valle Grana o da altre parti. Io stessa non avevo mai fatto un giro nel centro storico e invece ho scoperto che vale la pena di fermarsi e fare due passi.

Antichi portici

Il paese ha origine antichissima, visti i ritrovamenti dell'età del ferro relativi a popolazioni liguri e celtiche; viene nominato per la prima volta in documenti del 984, in cui si cita la "villa medievale" e, dal 1128, anche il castello. Diventa parte del marchesato di Saluzzo fino all'affermazione dei Savoia e ricopre un ruolo attivo durante il periodo della lotta partigiana in Valle Grana. Se siete interessati ad approfondire la storia vi lascio il link al sito del Comune.

Uno scorcio sulla collina

Il mio giro è iniziato dalla via principale, quella che appunto sale verso la Valle Grana, davanti alla fontana delle tre grazie.

Dettaglio della bellissima fontana 

Di lì parte il centro storico, con i portici, chiusi in fondo dalla maestosa parrocchiale, dedicata a Santa Maria Assunta. Di origine medievale, viene riedificata in stile barocco nel XVIII secolo e completata nel Novecento. 

L'interno della chiesa parrocchiale

Si prosegue poi lungo una via stretta in cui sembra di essere catapultati nel Medioevo, con i bassi portici, senza continuità di forme e volumi. A un certo punto si incontra un sentiero sulla sinistra che sale fino alla collina, dove si trova la chiesa di San Giovanni. Essendo solo di passaggio non sono salita anche se sicuramente avrebbe meritato; la chiesa l'avevo visitata anni fa, trovandola aperta senza saperlo; ero salita in auto, per una via piccola piccola, quindi mi sa che conviene salire a piedi; mi ripropongo ovviamente di provvedere in futuro a fare questa passeggiata. Le prime notizie della chiesa si hanno dal 1270 ma forse esisteva già prima, anche se ora la vediamo in forme gotiche per quanto riguarda l'esterno e barocche all'interno. Il campanile è in stile gotico alpino del XIV secolo.

Uno scorcio della chiesa di S. Giovanni

Tornando alla nostra passeggiata nel centro storico, tralasciando quindi la salita, si procede verso l'edificio del vecchio comune, risalente al XV secolo. Sotto il portico si trova quella che ha tutta l'aria di essere la pietra della ragione, quella famosa pietra su cui venivano letti bandi e sentenze. Ho scritto "ha tutta l'aria" perchè in realtà non ho trovato informazioni al riguardo.

L'antico comune

Davanti all'antico comune, se alzate gli occhi, vedrete una finestra in cotto. E' la famosa "finestra di Cecilia": nel 1198 Cecilia, per non sottostare all'abitudine della "jus prime noctis" uccide con uno stiletto tirato fuori dalla sua folta chioma bionda il signorotto aguzzino del luogo, Dusu. La finestra nel borgo antico è quella da cui si affacciava per conversare col suo amato Roldano. La storia è diventata talmente significativa che i tre personaggi sono ora rappresentati dalle maschere carnevalesche.

La finestra di Cecilia

Tornati poi sulla via principale si nota, all'incrocio con via Gioberti un palazzo; quando sono passata io era totalmente coperto da impalcature da restauro ma ho visto il portale, molto particolare, con scolpite in alto figure di animali (pare che provenga dal forte della Consolata di Demonte, smantellato in epoca napoleonica). Il palazzo viene chiamato "del fucile"; pare per la sua forma.  In realtà è Palazzo Marchetti, una famiglia nobile saluzzese che l'ha costruito a fine XVII secolo. Nacque come villa di campagna (all'epoca non c'erano ovviamente tutte le case che ci sono ora) e vi era impiantata anche una piccola filanda. Ora il palazzo è sede della Banca di Caraglio. 

Il portone del palazzo del fucile

Proseguendo in via Gioberti si arriva alla chiesa di S. Maria degli Angeli e, svoltando a sinistra, in fondo si nota una villa in stile liberty. Si tratta di Villa Vacchetta, fatta costruire nel 1910 dall'architetto Vacchetta come residenza personale. Ovviamente è privata quindi non si può visitare ma è comunque uno degli esempi più importanti del liberty cuneese, quindi vale la pena di fermarsi un attimo a osservarne la facciata esterna. 

Villa Vacchetta

Siccome, come spesso mi capita, scopro cose da vedere quando non sono più sul posto, cercando informazioni su internet, se vi piace il romanico vi consiglio anche una piccola tappa alla chiesa dei SS. Pietro e Paolo. Fondata probabilmente entro l'IX secolo, è ora totalmente barocca, ricostruita nel 1600, ma il campanile romanico è comunque rimarchevole.

Anche questa piccola gita è terminata, spero vi sia piaciuta.


Ps. per l'informazione riguardo all'origine del portale del palazzo del fucile ringrazio la pagina facebook "Nel dipartimento della Stura-Cuneo".


domenica 18 ottobre 2020

DRONERO

Nei mesi scorsi ho scritto diversi articoli sulla Valle Maira ma non mi sono mai soffermata su Dronero, la cittadina che è alla base di questa bellissima vallata. Eppure Dronero la conosco da molti anni, forse da prima ancora di quando iniziato a frequentarla per via dei rally, quando coglievo i momenti di pausa "motoristica" per andare a passeggiare per le viuzze della città. Senza ancora mai averne approfondito la storia l'ho sempre vista come una cittadina nobile, e non mi sbagliavo mica. E' conosciuta soprattutto il per il ponte del diavolo ma, come dico sempre io, non c'è solo quello da vedere.


Dronero vista dal Ponte del Diavolo

Ma partiamo dall'inizio. Dronero nasce all'incirca nel 1150 dall'unione di due villaggi, Surzana e Ripoli (dove oggi c'è il santuario) e l'origine del nome ha diverse ipotesi: chi dice che deriva dalla famiglia nobile Dragone, chi dice che deriva da "Dragonerium", dal latino Draconanus, il soldato che portava l'insegna del dragone. 
Chiaramente non vi racconto tutta la storia ma vi racconto un aneddoto che ho trovato molto interessante e particolare: Ludovico II, marchese di Saluzzo, con un editto del 1497, impose a chi possedeva terre di un certo valore di prendere domicilio in città e costruire la propria casa entro tre anni. Ed ecco perchè, un po' alla volta, Dronero è diventata una cittadina nobile, con molti palazzi, costruiti dal Cinquecento in poi, alcuni rimaneggiati in tempi più recenti. I palazzi sono molti, non è questo il luogo per raccontarveli tutti, vi parlerò più avanti dei due che hanno da sempre colpito la mia attenzione.

Uno scorcio del centro storico

Il mio itinerario parte da Piazza Capitano/Piazza XX Settembre, in cui potete parcheggiare comodamente. Da lì prendete il marciapiede lungo la via che attraversa la città, la riconoscete perchè è quella più trafficata. Dopo pochissimo, sulla sinistra, trovate, in un cortile il Museo Mallè, che è la nostra prima tappa. Luigi Mallè è stato uno storico dell'arte vissuto tra il 1920 e il 1979. E' stato anche direttore del Museo d'Arte Antica di Palazzo Madama e della Galleria Civica d'Arte Moderna di Torino. Da sempre quindi appassionato di arte ha collezionato, durante tutta la sua vita, dipinti, sculture, porcellane, arredi e molto altro. Ora possiamo ammirare buona parte di questa collezione al Museo, che poi era casa sua, e che quest'anno compie 25 anni. Il museo è piccolino ma l'ho trovato molto interessante e, inoltre, si organizzano spesso mostre ed eventi di vario genere.
A questo link trovate tutte le info utili alla visita e anche molte informazioni in più sulla storia.

Una sala del Museo Mallè

Terminata la visita al Museo proseguite lungo il marciapiede, poi attraversate la strada e inforcate sulla destra Via Luigi Senatore. Dopo poche centinaia di metri sulla sinistra c'è una bella terrazza da cui potrete ammirare tutta Dronero, fin oltre il Ponte del Diavolo. E' una visuale molto interessante (che consiglio al pomeriggio, in quanto la luce è migliore).

Panorama dal Belvedere

Tornati indietro riprendete la via principale e vi trovate davanti una costruzione ottagonale: è il foro frumentario, del XV secolo. Qui vi si commerciavano i cereali ma, durante l'epidemia di peste del 1522, è stato chiuso e trasformato in una cappella dedicata a S. Sebastiano, protettore da questo male, per poi riprendere la sua funzione originaria nel 1818. Sono attualmente visibili affreschi, riportati alla luce nel 1937 e lo stemma dei marchesi di Saluzzo.

Il foro frumentario

Procedendo ancora vi trovate sotto i portici con un'altra terrazza panoramica, affacciandovi vedrete in basso un ambiente molto particolare e curato, con vari appezzamenti di terreno coltivati a erbe di molti tipi e anche un piccolo vigneto di Nebbiolo Chatus, una varietà molto antica.


Il palazzo sotto al quale ci troviamo è il Teatro Civico, ottocentesco.

I portici del Teatro Civico

Proseguendo ancora arrivate davanti alla parrocchiale dedicata ai Santi Andrea e Ponzio, in ricordo delle intitolazioni delle due pievi nei due villaggi da cui è nata Dronero. Risale al XV secolo anche se è stata rimaneggiata in seguito. Molto interessanti il portale in pietra in stile gotico e il fonte battesimale degli Zabreri di Pagliero (molto famosi in zona) nonchè la cupola barocca opera di Francesco Gallo. 

La facciata della parrocchiale

La passeggiata prosegue sempre lungo questa via fino a trovare, sulla destra, le indicazioni per il famoso Ponte del Diavolo. Fu costruito nel 1428 sul fiume Maira per dare l'accesso a Dronero a chi arrivava da Cuneo ed è lungo 67 metri. Come dice il nome stesso è legata a questo ponte la leggenda che si ritrova in molti altri luoghi piemontesi, e non solo, e cioè che sia stato il diavolo a costruirlo in una sola notte in cambio della prima anima che fosse passata sopra.

Il ponte del diavolo

Terminata la visita al ponte io vi consiglio di fare un giretto per le stradine in questo piccolo borgo, fino ad arrivare al Mulino della Riviera, risalente al XV secolo e ancora attivo. E' aperto alle visite il sabato mattina. Qui tutte le info.

Il mulino della Riviera

Risaliti sulla via principale vi consiglio di andare fino al Ponte Nuovo, fatto costruire da Giovanni Giolitti nel 1914. Da qui potrete fare belle fotografie verso il Ponte Vecchio, con una visione più ampia.

Il ponte del diavolo visto da
ponte nuovo

Ritornati indietro sulla destra notate l'edificio dell'ospedale, un tempo qui c'era il castello.  Proseguendo trovate i portici con i negozi; su alcuni capitelli ancora oggi si notano forme che richiamavano l'attività dei proprietari dei palazzi soprastanti o anche gli stemmi dei Marchesi di Saluzzo o il giglio di Francia.

L'ospedale

Quando siete nuovamente all'altezza della chiesa prendete la stradina a destra e giungerete in Piazza Manuel di San Giovanni dove, tra l'altro, c'è anche un ottimo ristorante, il "Cavallo Bianco". Proprio di fronte trovate uno dei palazzi nobili di cui vi parlavo, che mi ha colpita da sempre, forse per la torre o per l'edera che copre le pareti esterne o anche per la finestra a bifora. Questo è il palazzo Valfrè di Bonzo, in passato abitato anche da  Giuseppe Manuel di San Giovanni, noto storico regionale. La torre che vedete nel cortile è probabilmente simile a quella del castello, ora non più esistente.

Palazzo Valfrè di Bonzo

Proseguendo ormai in pieno centro storico, subito oltre la banca girate a destra in Via  Torino (una delle due vie storiche della città, l'ex "Carreria Magna"), scendendo un po' fino a trovare, subito prima del ponticello, un altro bel palazzo, che mi ha sempre affascinata. E' Casa Blanchi di Roascio e, come altri palazzi, ha la peculiarità di essere costruita a ridosso delle antiche mura che circondavano tutto il borgo antico; qui infatti sorgeva la Porta di Busca, una delle antiche vie di accesso al paese. Notevoli sono la torretta del belvedere e il cedro nel giardino (non visitabile ma visibile anche dall'esterno).


A proposito di visite ai giardini: nel 2014 è nata l'Associazione Dronero Cult che ha ideato il progetto "Dronero un borgo ritrovato", che permette proprio di aprire le porte a palazzi e giardini di Dronero. Vi consiglio di seguirli sui social Facebook e Instagram per rimanere aggiornati sulle loro iniziative. Quest'anno chiaramente l'evento è stato annullato ma ci saranno sicuramente occasioni future per scoprire che cosa si nasconde dietro a quei grandi portoni chiusi che avete visto durante questa passeggiata.

Scorcio del centro storico

Se siete interessati vi consiglio anche il libro "Antiche dimore e giardini a Dronero", di Federico Fontana, Luca Giacomini e Renata Lodari, edito dal "Centro Studi Piemontesi" e, come sempre, vi lascio il link al sito turistico di Dronero. Io mi sono già dilungata abbastanza ma sul sito troverete tantissime altre informazioni, sia di approfondimento sugli edifici di cui vi ho parlato, sia su tante altre cose da vedere in città, più ovviamente ristoranti, bar e tutto quanto serve per organizzare al meglio la vostra giornata. 

Palazzo Valfrè di Bonzo

Ps. E' forse la prima volta che scrivo un itinerario con i vari "proseguite di lì", "girate a destra", "tornate indietro" eccetera, quindi può essere che ci siano passaggi poco comprensibili; nel caso non si capisca qualcosa fatemelo sapere, così cercherò di migliorare e di correggere gli errori.  Grazie mille. :)



mercoledì 23 settembre 2020

PAMPARATO E VALCASOTTO

Come accennato nell'articolo precedente, riguardante il castello di Casotto, vi parlo anche di Pamparato e Valcasotto, le due località che si trovano salendo verso Casotto, per chi arriva da Mondovì. 

Pamparato l'avevo già sentito nominare diverse volte ma non c'ero mai stata; salendo verso Casotto del paese si vede poco, solo un ponte antico, ma avevo comunque voglia di fermarmi e di capire cosa propone, oltre ai biscotti tipici.

Il castello di Pamparato

Innanzitutto una curiosità sull'origine del nome Pamparato: una leggenda del periodo delle incursioni saracene narra che il borgo era assediato dai mori. I cittadini, allo stremo delle forze, mandarono fuori dalle mura un cane con del pane condito in bocca; gli assalitori pensarono così che gli assediati avevano ancora provviste numerose, se potevano permettersi di far mangiare il pane condito a un cane, e quindi levarono l'assedio. Prima di andarsene, esclamarono "Habent Panem Paratum", cioè "Hanno pane condito". Questa leggenda è ormai talmente famosa che lo stesso stemma del comune presenta infatti quella frase in latino e l'immagine di un cane con la pagnotta in bocca.

Lo stemma del paese

Il paese, di circa 300 abitanti, ha origini probabilmente romane ma le prime notizie certe risalgono al 911; divenne poi parte del marchesato di Ceva e subì l'influenza astigiana. Successivamente la zona venne contesa tra Savoia, Visconti, Acaia e Monferrato e, in tempi più recenti, è stata protagonista della battaglia di Valcasotto, nel 1944. 

Una panoramica del borgo vista dal castello

Il paese si raccoglie attorno a una piazza centrale, alla via che porta alla parrocchiale e alla salita al castello. La mia visita è partita proprio dal castello, posto in posizione dominante dal quale si ha la panoramica di tutto il paese. E' attualmente sede del comune ed è stato costruito sui resti di un edificio più antico, probabilmente distrutto durante le guerre del sale contro i Savoia. E' intitolato ai Cordero di Pamparato, feudatari del borgo e marchesi. I giardinetti attigui al castello ricordano invece Mafalda di Savoia, figlia del re Vittorio Emanuele III, con la scritta: "Ricordatemi non come una principessa ma come una vostra sorella italiana".

Il castello Cordero

Tornati in centro si notano affrescati su due case lo stemma del paese e una meridiana. Di fronte c'è la stradina che porta alla parrocchiale di S. Biagio. La via è interessante per le numerose insegne antiche, di ristoranti, di antiche attività commerciali ora non più presenti.



La parrocchiale è stata costruita nel 1648 su progetto di Giovenale Boetto e presenta affreschi di Giovanni Borgna, pittore di Martiniana Po. 

Il campanile della parrocchiale

Fuori dal paese si trova un caratteristico ponte, da alcuni definito "romano" anche se in realtà non è ben precisa l'epoca di costruzione.

Il ponte "romano"

Salendo verso il castello di Casotto si incontra poi Valcasotto, minuscola frazione di Pamparato, chiamato anche "borgo dei formaggi", in quanto sede di una ditta produttrice di formaggi molto conosciuta.

Il mulino napoleonico

Da notare i vari murales, ovviamente a tema contadino/caseario, il mulino detto "napoleonico", del 1804, che una volta serviva per macinare farina di mais e castagne. La via principale sale poi verso la chiesa di S. Ludovico, posizionata su un bel poggio panoramico, preceduta dal vecchio edificio scolastico, con sulla facciata la lapide che ricorda i caduti in guerra.


Vi lascio il link per approfondire, se vi interessa, la storia del territorio di Pamparato e il link sul quale potete scaricare una guida in pdf molto interessante che riguarda non solo questo comune ma tutta la zona circostante, ricca di sentieri, torri e molto altro da vedere. 

 

martedì 8 settembre 2020

CASTELLO DI CASOTTO

Vi è mai successo di leggere, su un qualunque libro, di un edificio (mi tengo appositamente sul generico, perchè potrebbe essere qualunque cosa, un castello, una chiesa ecc.), di rimanerne affascinati, di cercare informazioni per andarlo a visitare e di scoprire che invece è chiuso, privato, che le visite si facevano tanto tempo fa e ora non più? 
A me è capitato molte volte, fin da quando andavo a scuola e studiavo già l'arte e la storia della nostra provincia. Il luogo di cui vi parlo oggi è proprio uno di questi: chiuso da tantissimo tempo, finalmente è tornato visitabile (anche se non ancora completamente). 


Ho intitolato questo articolo "castello di Casotto" ma in realtà potrete leggere anche "Reggia" o "Real Certosa". Questo perchè il castello di Casotto in origine era un monastero certosino, poi è diventato una residenza estiva dei Savoia, l'unica che non è stata costruita da zero. Fa parte della "corona di delizie" della famiglia reale anche se, un po' perchè, come dicevo, è stato chiuso per una vita, un po' perchè è lontano dalle classiche regge, è molto meno conosciuto. 
E' tornato alla ribalta dopo il Concerto di Ferragosto, che si è tenuto proprio qui, a porte chiuse, e pochissimi giorni dopo sono ripartite le visite guidate.


Prima di tutto: dove si trova? E' situato nel monregalese, da Mondovì seguite la strada per Pamparato e poi per Casotto, ci sono un po' ovunque i cartelli marroni turistici che vi indicano bene la direzione. Arrivati sappiate che c'è un pezzo di strada sterrata non proprio bellissimo da fare in auto, per arrivare al parcheggio. 

Una volta varcato il portone di ingresso, sul lato nord, il portone da cui passavano le carrozze reali (quindi siete autorizzati a sentirvi tutti principi e principesse, ma non regine, poi vi spiego perchè), vi trovate il portico e un grande spiazzo erboso con una visuale perfetta di tutto l'insieme. Se vi ponete in centro allo spiazzo (che una volta era il chiostro) avete davanti a voi la facciata della chiesa (in marmo verde di Garessio), a sinistra l'ala nord (quella destinata alle camere dei principi) e a destra l'ala sud (destinata agli appartamenti del re, alle cucine ecc.). 

La galleria che collega le due ali del
castello


Ma torniamo indietro nella storia: intorno all'anno 1000 qui sorgeva il primo convento italiano di certosini fondato da San Brunone (un altro nella nostra provincia è la Certosa della Trappa, sul Mombracco, a Barge, ve ne avevo parlato qui, e poi c'è la più famosa Certosa di Pesio), per riunire gli eremiti che vivevano in capanne nella zona; probabilmente erano otto, da cui il nome Cas-otto. Ora rimane pochissimo di quel monastero, anche perchè, inizialmente, le coperture erano fatte di paglia e di legno e numerosi incendi bruciarono tutto (al punto che, in un certo momento, i monaci dovettero persino trasferirsi nei loro possedimenti a Morozzo, in pianura). Dopo la trasformazione in residenza reale, si pensò ad arredare e mantenere quella, a scapito dei vecchi edifici religiosi. Durante la visita guidata potrete vedere molti ruderi delle antiche costruzioni, sia dalla "galleria dei marmi" (chiamata così perchè vi sono esposti capitelli e decorazioni provenienti dagli antichi edifici), sia dalla cima del campanile. Rimangono le basi delle celle dei monaci (che erano, secondo la regola, dodici), il chiostro dei novizi e poco altro.

La galleria dei marmi

Nella seconda metà del Cinquecento comunque Papa Pio V fece ricostruire tutti gli edifici; nel 1592 si ebbe la riconsacrazione e i certosini poterono finalmente trasferirsi qui nel 1698. Nel 1700 si ebbe un restauro, su probabile progetto del Gallo, completato poi da Bernardo Vittone, del corpo centrale del convento; venne costruita la facciata della chiesa e venne abbattuto un lato del chiostro porticato per migliorare la visuale sul panorama. 

Il campanile e parte dei ruderi
visibili dalla galleria dei marmi

Dopo la soppressione degli ordini religiosi, avvenuta nel 1802 ad opera di Napoleone (il quale si portò in Francia anche numerosi arredi del monastero), la residenza viene acquistata da un privato ma lasciato in stato di abbandono.
Nel 1837 Carlo Alberto di Savoia acquista l'edificio che rimarrà di proprietà della sua famiglia fino al 1881, quando il nipote Umberto I la venderà a famiglie nobili locali (in una stanza è possibile vedere un dipinto che raffigura un bambino della famiglia Lanza). Infine, nel 2000, il complesso diventa proprietà della Regione Piemonte, che inizia a curarne il restauro.

Ho sentito da altri visitatori che, almeno 40 anni fa, erano visitabili l'appartamento di Vittorio Emanuele II, quello della Bela Rosin, la sala da biliardo e le cucine (che poi sono le stanze di cui si parla sulle guide turistiche). Ecco, per ora potete dimenticarvele: in questo momento non sono ancora visitabili in quanto oggetto di restauro. 
A differenza di altre residenze reali qui non troverete lusso, sfarzo, sale da ballo, anche se sicuramente ci sono molti mobili e complementi (lampadari ecc.) degni di nota e degni di un re e della sua famiglia.

Camminando nelle gallerie (che ospitano diversi quadri con vari soggetti, tra cui alcuni personaggi di casa Savoia) respirerete un'aria più tranquilla, più serena: questo perchè era una residenza estiva, quindi vissuta in quel periodo in cui si è lontani dagli affari di corte e dalla politica (con un'eccezione, di cui vi parlerò più avanti), ma anche perchè i principali "villeggianti" sono stati Vittorio Emanuele II con i suoi figli. Un po' tutti sappiamo che questo re era poco avvezzo alla corte reale di  Torino: era di animo più semplice, preferiva pranzi e cene in compagnia, preferiva vivere una vita più tranquilla, magari dedicandosi alla caccia, sua grande passione. E sicuramente qui a Casotto poteva dedicarsi ampiamente a questo hobby, essendo il luogo immerso nel verde, nei boschi e quindi ricco di selvaggina.
Prima vi ho nominato Vittorio Emanuele II e i figli ma non una moglie, non una regina. Questo perchè Maria Adelaide, la moglie di Vittorio Emanuele morì prima che lui diventasse re e non frequentò questo luogo.  Lo frequentò invece Rosa Vercellana, "la Bela Rosin", prima amante e dopo moglie morganatica del re, probabilmente anche con i loro due figli. 

La galleria nord

La visita guidata prosegue dalla Galleria nord agli appartamenti dei principi: per prima si trova la camera di Umberto (nella torre d'angolo, quindi molto ben illuminata, al pomeriggio, con una luce autunnale, in questo periodo davvero suggestiva) con vicino la stanzetta del suo aiutante di campo; poi c'è la camera della sorella Maria Clotilde (che ora è stata trasformata in salottino), poi quella di Maria Pia, futura regina di Portogallo: in questa stanza sono sistemati due letti, anche quello di Maria Clotilde. 

I letti di Maria Clotilde e Maria Pia

Sono particolari da vedere insieme perchè di pregiata fattura artigianale, scolpiti in un unico blocco di ebano, sembrano identici ma non lo sono. Le camere sono affiancate da camerette più piccole, destinate alle damigelle e sono visibili anche due scorci delle sale da bagno di Umberto e Maria Clotilde.

La camera del principe ereditario Umberto

Tra le camere delle due principesse c'è la camera della musica. Curiosamente non si nota tanto il pianoforte quanto il quadro appeso sulla parete principale. Viene chiamato "La dama nera", perchè è vestita di nero e anche perchè su di lei circola una storia: pare che il suo fantasma si aggiri la notte per le camere del castello e pare che abbia anche predetto a Maria Clotilde la sua vita futura piena di sfortune, così come farebbe con chiunque si trovi ad incontrare. Il quadro è del 1600, arriva dal castello di Agliè e viene attribuito alla scuola di Van Dyck (o forse a lui stesso).

Sinistra: la camera della musica con l'affresco
della "Dama in Nero"

Destra: la camera della governante

Perchè vi ho parlato della vita di sfortune di Maria Clotilde? Perchè, come dicevo prima, a volte la politica e i doveri di Stato sbucano anche quando uno è in villeggiatura in montagna. Maria Clotilde era una ragazza di cultura, molto intelligente e anche molto devota, avrebbe persino voluto farsi suora ma il suo destino è stato diverso: erano i tempi precedenti la seconda guerra di indipendenza, bisognava decidere con chi allearsi. Cavour vuole allearsi con la Francia, contro l'Austria e il modo migliore per garantirsi un'alleanza qual'era,a quei tempi? Un matrimonio, non era la prima volta e non sarà neanche l'ultima. Maria Clotilde è quindi qui, a Casotto, ad occuparsi dei fratelli più piccoli, dopo la morte della madre, e proprio in questo castello arriva la proposta di matrimonio di Gerolamo Bonaparte, cugino di Napoleone III. L'uomo è totalmente opposto a lei come stile di vita, molto libertino e per niente interessato alla religione. La ragazza, col suo buon spirito di sacrificio, accetta il matrimonio (lei ha 15 anni, lui 40). Una lapide nell'androne del castello (sulla sinistra quando entrate), ricorda questo evento.

La lapide dedicata a Maria Clotilde

Torniamo alla visita: l'ultima camera della galleria nord è quella della governante delle principesse, la contessa Carolina di Villamarina che si occupava anche della direzione di tutto il castello: infatti la sua camera è in posizione angolare, di supervisione sulle varie gallerie che possiamo immaginarci frequentate da principesse e damigelle.
Se avete notato quasi tutte le camere sono ricoperte da carta da parati in condizioni perfette: era stata commissionata da Vittorio Emanuele II a una ditta francese. A me è piaciuta anche una tendina, di pizzo bianco con dei leoni rampanti, stupenda.

Sopra una tendina e sotto una delle carte da parati francesi.

Terminata questa parte della visita si prosegue verso la Cappella Reale, in parte ancora da ristrutturare. In origine la chiesa era molto più grande: nel 1750 c'era infatti una parte della chiesa riservata ai certosini, che non potevano avere contatti col mondo esterno. I Savoia la fecero ridimensionare: dove erano presenti delle cappelle dedicate a due certosini ora ci sono i palchi reali, quelli da cui la famiglia Savoia assisteva alla Messa (si notano le corone scolpite alla base delle balconate).  

Il palco reale

Notevoli sono le colonne in marmo rosa (sembra essere locale, estratto in Valdinferno), uguali a quelle della Gran Madre di Torino e il pavimento, opera del Moncalvo, in legno intarsiato, originale dell'Ottocento. 

La cappella reale

Dalla cappella si accede al campanile, sul quale ora si può salire (una novità per chi ha invece visitato il castello moltissimi anni fa). Le scale partono dal piano terra, se guardate verso il basso notate la differenza tra i gradini restaurati e quelli invece più antichi, senza corrimano, ma la parte accessibile ai turisti è a livello più alto. 
I gradini sono 79, la scala è a chiocciola, se soffrite di vertigini non vi conviene salire. Dalla cima si possono vedere, come accennato prima, i ruderi del monastero più antico: una visuale dall'alto fa capire meglio com'era strutturato l'edificio una volta.

La scala a chiocciola per salire sul campanile

Bene, ho cercato di darvi tutte le nozioni che mi hanno colpita di più, alcune le sapevo da una vita e non vedevo l'ora di ritrovarle nella "pratica" invece di lasciarle solo sui libri, altre invece le ho imparate durante la visita guidata.
Per il momento il castello è visitabile fino a fine settembre, anche se ho sentito che stanno cercando di organizzare ancora per ottobre. Sappiate che io avevo prenotato il 17 agosto e la visita l'ho ottenuta il 1 settembre; il concerto di Ferragosto ha portato moltissimo risalto al luogo quindi magari non sarà facile trovare posto (forse più semplice per una persona sola), ma voi provateci. 
E speriamo che presto siano di nuovo visitabili anche le stanze ancora in restauro.
Vi lascio qui il link con alcune notizie e le modalità di prenotazione e anche la mail che ho trovato sul volantino castellodicasotto@comune.garessio.cn.it 

Probabilmente, in un prossimo post vi parlerò anche di Valcasotto e Pamparato, due piccole località che, se vi avanza tempo, valgono una tappa durante il viaggio.


ps. Grazie a Margherita, la guida che mi ha accompagnata in questo viaggio, giovanissima ma molto preparata.