domenica 25 agosto 2024

UN GIUDIZIO UNIVERSALE ... CUNEESE

 Ci sono luoghi di cui leggo sui libri e poi li metto nella lista dei posti da visitare oppure nella lista dei posti in cui non andrò mai (a seconda della distanza, di solito). Ci sono luoghi che salvo nelle liste perché sono antichi, oppure moderni, oppure prevedono qualche particolarità che mi attira in quel certo momento. Alcuni riesco a visitarli, altri rimangono lì in lista ... e poi arriva un giorno in cui un luogo sbuca nella mia realtà quasi all'improvviso e viene spuntato contemporaneamente da tutte le liste.

Un bel giorno mio papà mi fa: "Andiamo al santuario di Madonna dei Boschi a Boves? Io ci sono stato con mamma 40 anni fa, ma magari non è neanche aperto". E a me viene il flash: "Io ce l'ho in lista, dentro c'è un altare moderno, lo voglio vedere da anni, l'ho letto sul libro". E vado a cercare il libro, che ovviamente porto con me. Ma non avevo fatto caso, non so perché, a un "piccolo" particolare: la cosa più favolosa da vedere non era la parte moderna, benché molto interessante, ma qualcosa di ben più antico.

Il libro dice che il santuario è aperto tutti i pomeriggi (di domenica anche al mattino), e a me sembra persino strano, una chiesetta fuori paese, sperduta nel cuneese, quando a volte sono chiuse persino le parrocchiali in centro ... Arriviamo sul posto, parcheggiamo, il campanile suona le 15, orario di apertura, ma è ancora chiusa ... non ho il tempo di sbirciare da una finestra aperta e fare un bel "ooooooohhh" già colpita dal poco che si intravedeva, che le porte si aprono...

Entro e sbaaaam, pareti totalmente affrescate, personaggi che mi guardano da ogni angolazione, sembrano vivi, non so più dove guardare prima ... mi fermo, tiro fuori il mio bravo libro e cerco di capire qualcosa di più.

Viene fuori che sto ammirando una copia del "Giudizio Universale" di Michelangelo, di autore sconosciuto. Ora, io, nella mia semplicità, non so entrare nei dettagli tecnici di un'opera così imponente e importante, non farei altro che riportare semplicemente descrizioni lette altrove, e comunque per descriverlo tutto servirebbe un poema. Quindi, andate a vedere dal vivo questa magnificenza e approfondite in base alle vostre esigenze, a fondo articolo vi lascio qualche riferimento. Io so solo che su un sito ho già notato una parte di affresco cui non ho fatto caso dal vivo, un'Ultima Cena, quindi dovrò tornare e fare più attenzione. Vi lascio alcune foto, così vi fate un'idea de questa meraviglia cinquecentesca.





Io proseguo con la mia visita. Camminando per la chiesa ho visto, sul pavimento, vetrate che mostravano qualcosa di più antico. Scopro che, sul luogo di questa chiesa, c'era già un'altra costruzione (probabilmente legata alla funzione taumaturgica della vicina fontana, ora asciutta), in cui forse si portavano i bambini morti senza battesimo, nella speranza di un segno di vita per poterli battezzare. 

La cappella è documentata fin dal 1261, ci sono affreschi che vanno dal Quattrocento (con la Natività di Maria e di Gesù) al Settecento, quando la chiesa era meta di pellegrinaggi, come dimostra anche il portico, costruito proprio come riparo per i viandanti. Sotto il portico si trova anche un affresco raffigurante il "Cristo di Pietà", sopra a un antico ingresso della chiesa.

Nel Seicento la chiesa viene ampliata sul lato orientale, con l'allestimento di un nuovo altare e di decorazioni quindi più recenti, raffiguranti le Virtù e la Glorificazione di Maria.

E qui si arriva alla parte moderna, quella per cui avevo inserito questa chiesa nel mio elenco dei posti da vedere.

L'altare infatti non è un semplice altare ma un'opera in bronzo di Elio Garis, risalente al 2000, anno del Giubileo, che incorpora in un unico elemento la mensa, l'ambone e il tabernacolo. E la cosa bella è che è perfettamente inserito nell'ambiente circostante, in mezzo ad affreschi e opere di ogni epoca. Favoloso.

Riferimenti: 

- libro "Piemonte nascosto" di Roberto Bamberga, Edizioni del Capricorno

- sito www.madonnadeiboschi.org, cliccate qui . E sul sito trovate un'ulteriore bibliografia

- volantino che trovate in chiesa.

La chiesa è situata in un'ampia zona verde, con panche, tavoli, molto silenzio e tranquillità, grande parcheggio, in prossimità di sentieri di vario genere, sull'antica strada che collegava Boves a Peveragno.



lunedì 10 giugno 2024

CAVE DI ALABASTRO TRA ARTE E STORIA

Qualche anno fa ho lavorato a Busca e ovviamente ho passato le ore libere visitando il paese; ho notato con piacere che sono stati collocati in vari punti del paese dei pannelli turistici, con descritte alcune particolarità da visitare. Tra queste c'erano le grotte di alabastro, senza però l'indicazione precisa per arrivarci. Tra l'altro non le avevo mai sentite nominare prima, quindi ho pensato che fosse qualcosa di chiuso, inaccessibile eccetera. Colta dalla mia solita curiosità ho iniziato a fare ricerche e, inizialmente, non ho trovato praticamente niente.


Col tempo, un po' alla volta, sono riuscita finalmente a scoprire dove fossero (ormai sono geolocalizzate su Google Maps), ho trovato materiale online (video su youtube, foto sui social eccetera).

Siccome questo blog si interessa soprattutto di arte e storia dei vari luoghi e non tanto tanto del loro lato prettamente naturalistico, ho pensato di fare un articolo a tema. E quindi eccoci qua.

Nei secoli scorsi cave e miniere erano un po' ovunque in Piemonte, anche nella nostra provincia. Si estraevano vari materiali: grafite, caolino, addirittura uranio ecc. Col tempo i vari siti estrattivi diventavano sempre meno, vuoi perchè il filone era esaurito, non c'era più materiale da estrarre, vuoi perchè i costi erano diventati troppo elevati e via dicendo. Attualmente, in provincia di Cuneo, sono molto conosciute le cave di pietra di Luserna, usata come materiale da costruzione, pavimentazioni ecc.

Ma torniamo a Busca. L'alabastro, roccia calcarea usata come ornamento in edifici o arredi, in questa zona è stato estratto a partire dal XVII secolo fin verso gli anni Cinquanta del secolo scorso ma, pensate, risale a epoche geologiche ben più antiche, tra i 400.000 e i 50.000 anni fa.

Nel 1620 le cave appartenevano ad Amedeo di Savoia, Principe di Carignano, poi passarono al Demanio e poi ad altri privati. Tutt'oggi sono di proprietà privata anche se in molti le esplorano comunque.

I canyon cono cinque, lunghi tra i 50 e i 100 metri, larghi tra i 2 e i 4 e alti anche 35. Le fessure sono quasi parallele e, a seconda dell'ora del giorno, durante le varie stagioni, possono presentare riflessi e luci diverse. 

Sulle pareti, si possono ancora osservare i segni degli utensili e dei macchinari usati per l'estrazione. In uno dei canyon si notano le tracce lasciate dall'uso di esplosivi e in un altro dei solchi paralleli sulle pareti, creati usando picconi e scalpelli. Una volta estratto, il materiale veniva trasportato inizialmente in modo rudimentale tramite rampe e slitte di legno su strade sterrate con l'aiuto di animali da soma e poi con dei binari (vagoni tipo decauville, usati in moltissime miniere) che collegavano i canyon con le discariche degli scarti e gli edifici che servivano per conservare blocchi e facevano anche da ricovero per gli operai.

Le colonne in alabastro della
balaustra della parrocchiale
di Busca

E dopo? Come veniva usato questo materiale? Sicuramente molti di voi lo hanno già visto in giro, in chiese o altri luoghi, ma senza sapere che fosse originario della nostra provincia. Vi faccio un breve elenco dei principali siti, sconfinando anche in provincia di Torino:

  • le tre chiese principali di Busca sono riccamente decorate, a volte col materiale originario e a volte, per motivi economici, con imitazioni dipinte (su colonne, per esempio): la Parrocchiale, la Confraternita della SS. Annunziata (dove c'è anche un'acquasantiera) e la  Confraternità della Trinità; 

  • cappella di S. Bernardo del Santuario di Vicoforte di Mondovì, nel panneggio situato dietro le statue che decorano la tomba di Carlo Emanuele I di Savoia;

  • Chiesa di S. Filippo Neri, a Torino (le colonne dell'altare maggiore, le colonne delle balaustre degli altari minori eccetera)

  • Cappella della Ss. Annunziata nella Collegiata dei Ss. Pietro e Paolo di Carmagnola

  • Tombe dei Savoia a Superga, Torino

  • i tavolini rotondi del Caffè Mulassano di Torino.

Ma questo materiale, chiamato anche "Onice di Piemonte" era conosciuto in tutto il mondo. Nel 1892 era stato richiesto persino dall'Uruguay,  dai rappresentanti della World's Exposition Exhibitors Representing Company; Napoleone l'ha voluto per un caminetto della sua casa di Ajaccio; è presente in un altare laterale della chiesa di St. Mary a Rochester (Ny, Usa); è stato usato per statuette e regali di matrimonio in Canada, eccetera.

Nel 1892 il Cav. Arnaudon, fondatore e direttore del Museo Merceologico di Torino ne richiese dei campioni da poter esporre ai visitatori.

Tutto ciò mi fa pensare a un'epoca fatta di faticoso lavoro manuale, probabilmente anche con scarsi riconoscimenti economici non solo per gli operai, ma anche per le stesse ditte estrattive che, infatti pian piano hanno smesso di esistere. Però mi fa anche pensare che, nonostante non ci fossero i mezzi di comunicazione di adesso e quindi non si venivano a sapere le cose in tempo reale e non si potevano fare richieste e avere risposte immediate come oggi, un materiale estratto in un luogo relativamente ristretto e piccino come Busca, in un "angolo" del cuneese, veniva valorizzato, esaltato, richiesto e utilizzato da personaggi importanti, per edifici molto conosciuti che ancora oggi vediamo e possiamo in parte visitare. 

la balaustra della chiesa detta "la rossa"

Essendo su terreno privato, attualmente sono visitabili durante giornate dedicate, con delle guide. 



NOTA: la scrivente non si assume responsabilità nel caso che qualche lettore visiti questo sito in modo incauto e sprovveduto. 



martedì 13 febbraio 2024

RIFREDDO

Questa volta vi voglio portare a Rifreddo, un piccolo paese della Valle Po secondo me un po' sottovalutato, anche perché, chi sale in vallata, spesso passa "da fuori", cioè per la strada esterna al paese e non si prende la briga di svoltare a destra; ci penso io a portarvi alla scoperta di alcune caratteristiche di questo bel luogo.

Innanzitutto dovete sapere che il paese era conosciuto, e quindi abitato, nel 1075, col nome di "Rivus frigidus", dal nome di un torrente che scende dal Monte Bracco (la montagna che sovrasta il paese). Ma non fatevi ingannare dal nome, perché questo è il paese delle "lasarde" (le lucertole, in dialetto) dato che è posizionato completamente al sole, altroché "frigidus". E le lucertole le ritroveremo più avanti.

Il palazzo comunale

Per secoli la storia del paese dipese dal monastero femminile di Santa Maria della Stella, fondato nel 1219 da Agnese di Saluzzo, figlia del marchese Manfredi II. Agnese, oltre che priora del monastero, diventò anche Signora di Rifreddo, avendo acquisito i diritti feudali.

Il monastero visto dai prati retrostanti.

Entrando in paese troverete sulla destra, ancora prima della piazza principale, una strada con la cartellonistica che vi porta, in pochi minuti, davanti alla facciata romanica del XIII secolo e ai tratti di mura che componevano la struttura monastica. Si nota anche un residuo di affresco su una parete.

Il monastero

Il monastero è stato luogo anche di un processo alle streghe, nel 1495, i cui documenti originali sono ancora conservati  negli archivi del Comune. A tal proposito viene organizzata, ogni anno a ottobre, la "Notte delle Streghe": un evento atto proprio a ricordare quel particolare momento storico del paese. Trovate molte altre informazioni sull'evento a questo link.

Nel 2023 il monastero è stato inserito nel progetto/app "Chiese a porte aperte" (di cui vi avevo parlato qui): un locale è stato chiuso, dotato di schermo su cui potrete vedere e ascoltare tutta la storia del monastero, raccontata da un protagonista molto particolare, che vi invito a scoprire sul posto, grazie all'app che vi permetterà di aprire il locale. Una cosa interessante che ho notato, essendo appassionata di libri, è che su un ripiano c'è una bibliografia con elencati tutti i testi che parlano del monastero, e sono veramente molti. Anche questo fa capire l'importanza di un edificio nella storia.

Quel che rimane degli affreschi della chiesa del
monastero

Tornando sulla piazza principale è molto interessante la facciata del palazzo comunale, risalente al XV secolo. Si presenta con la tipica facciata a vela e decorazioni originali in cotto.

Nella stessa piazza, sotto la tettoia, si trova anche una bellissima casetta di scambio libri, se vi piace leggere qua facilmente troverete qualcosa che fa al caso vostro. E non è neanche l'unica, Rifreddo è un paese che ama la cultura.

La chiesa parrocchiale risale al 1959, la potete vedere sempre in piazza; questo ci fa pensare che ce ne fosse un'altra più antica. E infatti, salendo con l'auto per la stretta strada in salita a destra del comune, si arriva in poco tempo alla parrocchiale di San Nicolao. Attualmente la vedete con estetica molto recente, ma è una delle chiese più antiche della zona, risale addirittura all'XI secolo. Dal campanile si possono "indovinare" gli anni della chiesa.

Il campanile della parrocchiale
di San Nicolao

Sul piazzale si trovano anche una bella casa antica con una meridiana, una panchina gigante in legno, non appartenente al progetto ufficiale ma che consente in modo egregio di ammirare il paese, la pianura sottostante e parte del Monte Bracco e un'altra casetta di scambio libri. 

La panchina gigante

Tornando sulla strada in salita si incontra, poco dopo, sulla sinistra, il cosiddetto parco della "Gesia veja" (la chiesa vecchia). Qui il luogo è stato ristrutturato con tavoli, panche, giochi per bambini e un favoloso murales che ho scoperto praticamente per caso. Più di 30 metri dipinti nel 2021 dai ragazzi delle scuole medie con la supervisione del maestro di disegno Davide Faure di Pinerolo. L'opera raffigura e ricorda il processo alle streghe di cui vi ho parlato prima, inserendo vari elementi che lo hanno caratterizzato, tra cui le lapidi con i nomi delle streghe che sono state bruciate sul rogo in quell'occasione.

Parte del murales delle streghe

La strada continua a salire e, seguendo le indicazioni per "Madonna del Devesio", poco prima di arrivare a questa località, si trova un altro murales. Da un comune muro di cemento si è arrivati a raccontare la storia della comunità di Rifreddo, con immagini del Monviso, delle lucertole e molte altre, tutte da scoprire. L'opera è sempre stata eseguita come la precedente, tra l'altro durante l'"Estate Ragazzi", ottimo modo per passare il tempo e insegnare ai giovani quanto è bello il proprio paese.

Il Monviso sul murales del Devesio

Poco dopo si trova il Santuario del Devesio, costruito sul luogo in cui, secondo la leggenda, apparve la Madonna con una stella in fronte ad Agnese, la fondatrice del monastero. Ed ecco perché il monastero si chiama "Santa Maria della Stella" e perché troverete stelle anche sui murales.  La chiesa, con piccolo portico, è stata poi ristrutturata a metà 1700 e, attorno, si trovano panche e tavoli per i pellegrini e per godersi un po' di fresco nel bosco.

Il Santuario del Devesio

Scommetto che vi ho invogliati a fare un giretto in paese, vero?


mercoledì 3 gennaio 2024

TURISMO E BOOKCROSSING

Turismo e libri sono da sempre legati, basti pensare alle guide turistiche, da cui un po' tutti, almeno una volta, abbiamo preso spunto per visitare luoghi, in cerca di itinerari, monumenti ecc. Chi è più attirato dai dettagli sulla storia e sull'arte di un luogo invece di una guida avrà forse consultato libri più specifici, prima di visitarlo o anche dopo, per approfondire quanto visto. 
Ci sarà anche chi ha letto un romanzo ambientato in un determinato posto e gli sarà venuta voglia di correre a visitarlo. 
Di questi tempi, invece, ci sarà magari anche qualcuno, appassionato di libri, che ha scoperto che in un determinato posto c'è una casetta di scambio libri (il famoso bookcrossing), la va a cercare e scopre che quel paese è bello anche da visitare. Il collegamento tra le due cose quindi diventa sempre più chiaro. 

Saluzzo (foto vecchia ora ci
sono più libri)

Tempo fa avevo utilizzato la funzione "guide" su Instagram proprio per fare un elenco delle casette di bookcrossing sparse nella nostra bella provincia, a volte partendo da un articolo sul blog, altre volte elencandole e basta, perchè magari in quel posto non c'ero ancora stata. Ora quella funzione sul social non c'è più, quindi ho pensato di creare questo articolo, in cui riportare l'elenco, ovviamente da tenere aggiornato, magari anche col vostro aiuto, col passare del tempo.
Bando quindi alle ciance ed entriamo nel vivo.

Ostana

  • Revello, portico del palazzo comunale
  • Revello, frazione Staffarda
  • Rifreddo, tettoia del mercato coperto, vicino alla casetta dell'acqua
  • Rifreddo, collina, vicino alla panchina gigante non ufficiale e alla chiesa di S. Nicolao
  • Paesana, borgo S. Maria, poco dopo la chiesa, all'inizio del sentiero che costeggia il torrente
  • Paesana, frazione Agliasco; una casetta in località Gran Puà e una appena prima del centro della frazione
  • Ostana, frazione S. Antonio, tettoia del lavatoio
  • Biblioteca nel bosco, Martiniana Po, al termine del sentiero delle lanterne, località Picat (a questo link le informazioni)
  • Saluzzo, Via Balbis
  • Saluzzo, presso Tastè Bistrot (interno locale), via salita al Castello

  • Cuneo, S. Benigno, Azienda agricola I Minuti
  • Beinette, cascina Madama Rous
  • Savigliano, giardini Nilde Iotti, via Oberdan
  • Valgrana, portico davanti al comune
  • Fossano, sotto i portici dietro il Duomo
  • Pontechianale, frazione Chianale
  • Casteldelfino, frazione Torrette
  • Casteldelfino, piazzetta principale lungo le Chemin Royal
  • Sampeyre, sotto il portico del comune.

Azienda Agricola I Minuti

Un progetto di cui scrivo a parte è "Leggere Ovunque - Lettura diffusa", nato nelle Langhe, con moltissime casette sparse un po' in tutto il territorio (molte vicino alle Big Bench Ufficiali), troppe per elencarvele tutte qui. Vi lascio quindi il link al sito ufficiale del progetto, dove troverete tutte le info. Li trovate anche sui social.

Per chiudere, due info sul bookcrossing: nato in America più di 20 anni fa, da un po' di tempo si è diffuso anche da noi. Si può trovare in due formati: uno è quello ufficiale, in cui i libri vengono registrati sul sito www.bookcrossing.com con un numero identificativo e chi trova il libro va sul sito, segnala il ritrovamento e dove lo posa, così da seguire passo per passo il viaggio del libro stesso. Questo era l'intento originario di chi ha inventato il progetto.
E poi c'è l'utilizzo più comune e semplice, cioè quello di posare e prendere libri nelle varie casette o postazioni. Non ci sono regole precise, si possono prendere da una parte e posare dall'altra, può capitare di posarne più di quanti se ne prendono o viceversa. L'importante è trattare bene i libri e pensare anche a chi potrà leggerli dopo di noi, quindi non macchiarli, non rovinarli, non lasciarli ammuffire nelle cantine, ma queste sono cose che, secondo me, dovrebbero essere fatte a prescindere dal rilascio a una casetta di scambio.

martedì 26 settembre 2023

CASTELLO DEL ROCCOLO

Di Busca vi avevo già parlato in un altro articolo (se ve lo siete perso lo trovate cliccando qui); vi avevo portati nel centro della cittadina, purtroppo poco conosciuta ma meritevole di visita. C'è però un luogo nel territorio di Busca che conosco teoricamente da un sacco di tempo, ma che non avevo mai avuto occasione di visitare, probabilmente perché rifuggo la folla e le visite domenicali non facevano al caso mio. Quest'anno, però, ad agosto sono state aggiunte alcune aperture infrasettimanali e finalmente ora posso parlarvi di questo luogo da sogno: il castello del Roccolo.

Vi ho spesso parlato di castelli medievali, di costruzioni di difesa nate su castrum antichissimi, a volte trasformate in dimore signorili, ma il Roccolo non è così, è unico nel suo genere, almeno qui nel cuneese. Questo perchè è un castello neogotico.

Si arriva al castello dalla frazione S. Quintino, tramite una strada che da asfaltata diventa sterrata, in mezzo al verde, e ci si trova subito in un altro mondo, più tranquillo, più fresco. Se dalla pianura si intravede solo una torre, arrivandoci vicino non si vede più nemmeno quella, bisogna scoprire la residenza pian piano, dal parco in poi, a ogni angolo una sorpresa. Ma, come sempre, partiamo da un po' di storia.

Il castello viene costruito per volere (e in gran parte su disegno) del marchese Roberto Tapparelli d'Azeglio, fratello del più famoso Massimo, e della moglie, Costanza Alfieri di Sostegno, tra il 1831 e il 1860. Grazie alla moda dell'epoca e alla cultura anglosassone dei marchesi la struttura viene edificata in stile neogotico, con un insieme molto armonico di archi moreschi, decorazioni floreali, bifore, trifore eccetera.

Residenza di villeggiatura dei marchesi, è attorniata da un parco (disegnato col contributo di Xavier Kurten, famoso per il parco del castello di Racconigi) con laghetto, serre, terrazze, viottoli, piccoli angoli con panche e tavolini ecc. Attualmente è difficilissimo riuscire a mantenere fruibile un parco del genere, quindi non è tutto visitabile ma, con la fantasia che avete voi che mi leggete da tempo, riuscirete sicuramente a immaginare i marchesi e i loro ospiti passare il loro tempo libero in questo luogo, magari con un po' di invidia, visto che spesso ai giorni nostri, ciò non ci è concesso. Sappiate che qui hanno trascorso piacevoli momenti anche Silvio Pellico e la regina Margherita (anche perché la sua dama d'onore era Paola Rignon, moglie di Emanuele Pes di Villamarina, figlio di Melania, di cui vi parlerò in seguito).

Le serre monumentali

Vi racconto il castello come l'ho visitato io. Inoltrandomi in un primo sentiero sono arrivata alla terrazza panoramica, da cui si può ammirare il centro di Busca e tutta la pianura. Subito al di sotto vi sono le serre monumentali, costruite dal 1846 al 1850 per volere di Costanza, appassionata di piante e fiori.

Il panorama dalle serre

Salendo poi per il sentiero si arriva al laghetto, circondato da piante e con moltissime ninfee. Pensate che all'epoca veniva usato anche come piscina, oppure lo si percorreva con una piccola canoa.

Il laghetto

Si arriva poi davanti al castello vero e proprio, nella sua classica inquadratura che vediamo online e sulle guide. Dallo scalone che sale da due parti, attorno a una fontana, si accede al doppio portone di ingresso: quello esterno in legno è quello originario, mentre quello in ferro, interno, è stato voluto dai Pes di Villamarina. Lungo le pareti della scala vi sono vari affreschi trompe l'oeil e si scorge in più punti il motto della famiglia: "d'acord".

Lo scalone d'entrata

Il grande salone principale è quello che spesso procura il classico"ooooh" di stupore, forse perché nel bel mezzo, cosa non di tutti i giorni, si trova una fontana in marmo, che ricorda gli ambienti arabi. Osservando poi gli affreschi sulle pareti si possono notare due castelli: uno è quello di Lagnasco, feudo storico della famiglia Tapparelli e, sopra il biliardo, il castello di Moncalieri che, a fine Ottocento, era, per la storia sabauda, più importante di Palazzo Reale di Torino.

Uscendo dal salone ci si ritrova in cortile e, sulla destra, si accede a un loggiato, che collegava il salone con la sala da pranzo. Questa è arredata con mobili realizzati da dipendenti del famoso ebanista Moncalvo e che richiamano sempre lo stile dell'epoca, con lo stemma della famiglia, elementi trilobati e statue intagliate nel legno. Il soffitto è decorato in stucco bianco su fondo azzurro e le vetrate colorate creano giochi di luce molto caratteristici sul pavimento dell'ambiente.

Tornati in cortile  si può visitare una piccola cappella, costruita nel 1842. Preceduta da un piccolo portico con elementi in cotto e una croce uncinata (simbolo della continuità del tempo, data dal senso rotatorio della croce stessa), presenta due pannelli di legno: sono parte degli stalli del coro provenienti dalla cappella marchionale di Revello; originariamente ce n'erano altri ma sono stati poi spostati da Emanuele Tapparelli (figlio di Roberto) nel museo di Casa Cavassa di Saluzzo.

Il portico della chiesetta

Lungo un sentiero non lontano dalla cappella si trova una lapide intitolata a Melania, la figlia di Roberto e Costanza. Sposata a Salvatore Pes di Villamarina, morì molto giovane a causa di un male non del tutto identificato e non potè nemmeno avere vicino il marito, spesso in viaggio, soprattutto in Sardegna. E ora, nonostante lei sia sepolta nel cimitero monumentale di Torino accanto al marito pare che, nelle notti d'estate, appaia nel castello del Roccolo con una fiammella in mano, sperando di veder tornare a casa il marito. Se siete conquistati dalla sua storia e volete approfondirla vi lascio il link  a un articolo molto interessante, scritto da Manuela Vetrano, in arte "La civetta di Torino".

Accanto al castello si trovano poi alcuni edifici più semplici, in stile neomedievale, con merli a coda di rondine: erano le scuderie e ambienti di servizio; c'è anche una torre quadrata, più alta delle altre, che assomiglia a quella che trovate in centro a Busca, presso l'edificio del comune.

Mi sono dimenticata di dirvi che il castello prende il nome dai "roccoli", cioè dalle reti utilizzate per catturare piccoli uccelli. 

Dopo i Tapparelli D'Azeglio proprietari furono i Pes di Villamarina e ora varie famiglie locali e non ma, attualmente, il castello è gestito e valorizzato dall'Associazione Castello del Roccolo, che è possibile aiutare anche col 5x1000 della dichiarazione dei redditi. E' inoltre un'ottima location per eventi e matrimoni.  Sul sito del castello trovate tutte le informazioni necessarie e potete seguirlo anche su Facebook e Instagram, per rimanere sempre aggiornati e per circondarvi di bellezza neogotica.

lunedì 21 agosto 2023

IL CASTELLO DI VERZUOLO

 C'è un castello, nel saluzzese, che sogno da 30 anni, cioè da quando, a scuola,  ho studiato il Marchesato di Saluzzo. E lo sogno perché è sempre stato lassù, sulla collina, ben nascosto tra il fogliame, impenetrabile e visibile solo da lontano. Non abitato, non visitabile, decadenza totale. Eppure, di grande importanza storica per il marchesato. Per fortuna le cose sono cambiate, di recente il castello è stato venduto e, in attesa della futura definitiva destinazione d'uso, è tornato visitabile. 

Sto parlando del castello di Verzuolo e, dal mio racconto, capirete come mai l'ho sognato per così tanto tempo. Ma, come sempre, partiamo dall'inizio. Vi avviso che sarà un viaggio lungo ma, secondo me, di grande fascino.

In un articolo passato vi avevo parlato del ricetto e dell'antica parrocchiale dei  Ss. Filippo e Giacomo (lo potete trovare cliccando qui). Ebbene, proprio da qui, un tempo, si trovava l'unico accesso al castello sulla collina, che non si presentava di certo come oggi. 

Prime notizie di un "castrum" si hanno dal 1087 e, nel 1142, il marchese di Saluzzo Manfredo I, vede la bellezza del borgo di Verzuolo, dei boschi pieni di selvaggina, e decide di impadronirsi del castello, che venne però danneggiato la prima volta nel 1357. Pochi anni dopo il marchese Federico II decide di ricostruirlo.

All'epoca il suo scopo è ancora quello difensivo, quindi con pochissime finestre, torri, camminamento di ronda (protetto dalla classica merlatura "a coda di rondine").

Anche l'interno si presenta molto semplice, con cucine e prigioni al piano interrato, grossi stanzoni al piano terra in cui venivano alloggiati i militari e stanze al primo piano per la famiglia del signore del castello.

Una curiosità: all'epoca era stata innalzata anche una torre, detta di Santa Cristina, da cui si poteva comunicare, mediante segnali di fumo o luminosi, con gli altri castelli della zona (Manta, Saluzzo e Revello, quest'ultimo l'unico che non poteva comunicare direttamente con gli altri, da qui l'esigenza di una torre). Questo ci fa capire come il maniero di Verzuolo fosse stato costruito in modo strategico e visibile da tutta la zona.

Il castello, per ben tre secoli, viene definito imprendibile, in quanto resiste agli assedi di Carlo I di Savoia e di Giovanni Ludovico di Saluzzo, che avevano tentato di riconquistarlo dai francesi.

A partire dal XV secolo inizia una graduale trasformazione, come in molti altri castelli del saluzzese, con cambio di destinazione d'uso, da difensiva ad abitativa. 

Dopo varie vicissitudini si hanno ristrutturazioni molto importanti che lo porteranno a essere definito "la più bella e imponente fortezza del marchesato dopo Revello". La fortezza di Revello non esiste più, ed ecco un motivo per cui è importante invece portare avanti la memoria del castello di Verzuolo.


Queste ristrutturazioni le dobbiamo a Michele Antonio Saluzzo della Manta (di cui rimane il monogramma su un camino al piano superiore) e, soprattutto, al conte Silvestro della Manta, che lo abitò dal 1602 e che lo modificò completamente, facendolo diventare definitivamente luogo di villeggiatura per lui e i suoi discendenti. Di quest'epoca si hanno notizie di tre fontane di marmo bianco, fabbricati di servizio, il casotto del giardiniere e si ha il secondo ingresso, quello da cui si entra attualmente. Vengono costruite la "torre del belvedere" oggi non più esistente, dalla quale si poteva ammirare tutto il panorama dalle Alpi alla pianura cuneese e la "torre di Valfrigida" affacciata ancora oggi sull'omonima valle a nord della struttura e all'interno della quale vi erano due cappelle, una superiore di uso esclusivo dei signori e una inferiore, per il resto degli abitanti del castello.

Le grandi stanze interne vengono suddivise in più ambienti (e i militari spostati dal piano terra al sottotetto), abbellite e decorate.

L'ultima cucina utilizzata del castello

I giardini avevano alberi di agrumi, c'erano la citroniera, un pergolato, il forno, il pozzo (esistente ancora oggi), la colombaia, la ghiacciaia, un'asparagiaia, una carciofaia e l'orto. C'erano molti vigneti, e il vino prodotto al piano interrato del castello era molto conosciuto e richiesto anche dal fossanese. Grazie agli studi ampelografici di Giuseppe di  Rovasenda, che aveva collezionato un numero enorme di vitigni, sappiamo che a Verzuolo venivano prodotti il Neretto e il Pignolo.

Non so voi ma io riesco, con un po' di fantasia, a immaginare la vita all'epoca, i contadini che lavorano, i signori che passeggiano nei giardini col sottofondo dell'acqua che esce dalle fontane. Vedo un castello magnifico e molto ricco.

Nel 1606 Verzuolo ospita il duca di Savoia Carlo Emanuele I, e anche questo ci fa capire l'importanza del luogo. Della sua visita rimane la lastra di marmo sullo scalone principale.

Lo scalone principale

Grazie alle incisioni di Gonin e alle descrizioni dell'Eandi sappiamo che, nell'Ottocento, il castello era immerso nella vegetazione, vi erano un orologio sulla torre di levante, ritratti sulle pareti degli abitanti del castello nella storia, vari tesori d'arte, come dipinti, arredi ecc. Persino un autore tedesco realizzò un disegno a inchiostro del castello, quindi immaginate la fama che poteva avere nell'Ottocento, se addirittura arrivavano dall'estero per ritrarlo.

Il salone al piano terra

L'Ottocento è il secolo del neogotico, come si può capire ancora oggi dalle decorazioni su pareti e soffitti di varie stanze; nel castello poi vi sono letti con baldacchini di velluto (uno ancora visibile adesso in una stanza al piano superiore, probabilmente troppo grosso per essere portato via), dipinti (oggi ne rimangono alcuni, molto deteriorati), arazzi, armature, armi. Vi era conservato addirittura il Collare dell'Annunziata, donato nel 1638 da Madama Cristina a Michele Antonio di Manta (ora nel museo di Postdam. Chissà poi perché lì, io l'avrei visto bene in un museo piemontese).

Il castello viene visitato da studiosi, soci del circolo degli artisti di Torino, nobili, reali: qui vi soggiornò infatti nel 1831 la regina Maria Teresa, vedova di Vittorio Emanuele I, che voleva addirittura comprarlo, ma purtroppo muore l'anno successivo. Nel 1920 il castello accoglie il principe di Piemonte Umberto II. 


A fine 1800 il castello è stato studiato da  Riccardo Brayda e, soprattutto, da Alfredo D'Andrade, che avete sicuramente sentito nominare riguardo alla progettazione del Borgo Medievale di Torino. E proprio uno degli edifici del borgo, la torre d'Alba, si presenta, per forma e decorazione, come una torre del castello di Verzuolo. Anche la tettoia mercatale e una chiesa del paese sono state prese a esempio per il borgo medievale. 

Nella seconda metà dell'Ottocento il castello veniva utilizzato come luogo di villeggiatura occasionale e presentava già segni di decadimento. A inizio Novecento vengono vendute quasi tutte le opere d'arte e gli arredi, compresi fontana e cancello in ferro battuto, soprattutto negli Stati Uniti. Si ha notizia di un catalogo d'asta con numerosi oggetti indicati come provenienti da Verzuolo, anche se non ci sono fonti certe.


Nel 1916 crolla la torre di ponente, e il materiale viene recuperato per costruire il muraglione che chiude il cortile della chiesa dei SS. Filippo e Giacomo. Nel 1838 vengono demoliti la torre del belvedere e varie altre parti dell'edificio, perché pericolanti. Vengono ancora effettuati lavori di consolidamento ma l'edificio viene abbandonato e lasciato incustodito.

Tornando ai proprietari, con l'estinzione del casato di  Saluzzo della Manta e di Verzuolo il castello passa, per testamento dell'ultimo esponente, nel 1840 circa, alla famiglia Mola di Larissè, loro cugini. Una loro figlia sposa il conte Barbiellini Amidei, famiglia che ha mantenuto la proprietà fino al 2022, quando è stato venduto a un imprenditore lombardo che opera nel settore immobiliare.

E proprio grazie a lui, l'imprenditore Graziano Rustico, nonchè alla Pro Loco di Verzuolo, e agli architetti che stanno curando l'edificio, possiamo di nuovo visitarne una parte.

Quando l'ho scoperto ho prenotato immediatamente e sono arrivata sul posto super emozionata, anche se non credevo che ci sarebbe stato così tanto da visitare all'interno. 

Dopo il viale alberato e la casetta del custode si passa sull'antico ponte levatoio e si arriva nello spiazzo di fronte al castello, col pozzo.  Si entra poi al piano terra, dove si visitano il salone principale, alcune camere e una cucina. Si sale poi al piano superiore, tramite la bellissima scala di cui mi sono subito innamorata e di nuovo mi sembrava di vedere le nobili percorrerla con i loro voluminosi abiti d'epoca, un sogno. Si visitano poi altre stanze, di cui una con un favoloso letto a baldacchino d'epoca, da restaurare, il che lo rende ancora più originale e magico. Tra camini di marmo con iscrizioni e decorazioni, affreschi neogotici sui soffitti, arredi di vario genere (pochi ma interessanti) la visita scorre in un lampo, anche grazie alle ottime spiegazioni  delle guide.

Dettaglio di un camino

Come sempre ho provato a rileggere questo articolo come se fossi una semplice lettrice del blog e, anche se è molto lungo, io l'ho trovato "corto", nel senso che a ogni paragrafo mi veniva da dire "ma io voglio saperne di più". Ovviamente su un blog non si può scrivere tutto quanto si vorrebbe, altrimenti diventerebbe un libro (e, a proposito, chissà se in futuro il castello di Verzuolo diventerà anche un libro, sarebbe stupendo), ma ho trovato fonti inestimabili di informazioni, sia cartacee sia digitali. Una fonte che chiunque può consultare per scoprire tutto, ma proprio tutto, sul castello è la tesi di laurea di tre architetti, Gerardo Bonito, Alex Barbero e Fabio Calosso.  A questo link  trovate la tesi, fidatevi, vi si aprirà un mondo, se anche voi come me, avete letto questo articolo con la voglia di sapere e di vedere altro, in quanto nella tesi vi sono anche immagini sia dei giorni nostri (anche dei locali non visitabili), sia le riproduzioni d'epoca, litografie, incisioni, cartoline. 

Altra fonte importante, per reperire notizie sul castello e su tutto il circondario, è il libro "Il marchesato di Saluzzo tra Gotico e Rinascimento", di Silvia Beltramo, Viella edizioni. 

Attualmente il castello non è sempre visitabile, bisogna tenere quindi d'occhio il sito della Proloco per rimanere aggiornati sulle prossime occasioni.

Ps. leggo in giro che nel castello ci sarebbero i fantasmi. Beh, non sarebbe di certo una novità nemmeno quella :)

venerdì 7 luglio 2023

DUE CASTELLI NEL ROERO

Questa volta vi voglio parlare di due castelli nel Roero, non lontani da Alba. Uno è molto, molto conosciuto, l'altro molto, molto poco. Vi parlerò di Govone e Magliano Alfieri.

Partirei proprio da quest'ultimo paese, il cui castello svetta sulla collina a sinistra quando si transita sulla strada che da Alba si dirige verso Asti. Un bel giorno mi ritrovo con del tempo libero, vedo il castello e mi chiedo subito se è visitabile. Una rapida ricerca online mi fa scoprire che, al suo interno, ci sono il "Museo di  Arti e Tradizioni Popolari" e il Museo "Teatro del Paesaggio delle colline di Langa e Roero". Provvedo subito a raggiungerlo.

Ma prima due parole sul paesino. Comodo parcheggio e si è subito davanti al castello, con di fianco un bel parco all'ombra. Poco dopo ci si trova sul sagrato della Parrocchiale di  Sant'Andrea, che si affaccia sul belvedere, un panorama spettacolare, da non perdere. Anche qui una piccola zona verde, con una "casetta" per il bookcrossing del progetto "Leggere ovunque". 

La casetta del bookcrossing

Ma arriviamo al castello: di origine medievale, è stato ricostruito dal conte Catalano Alfieri (famiglia a cui appartiene dal 1240) nel Seicento. Modificato successivamente, attualmente si presenta nello stile barocco piemontese. Sul lato est del castello si può visitare la cappella gentilizia della famiglia Alfieri, in stile "barocchetto". 

Salendo lo scalone interno si raggiungono i musei di cui vi parlavo prima. Mi sono sembrati poco frequentati ma, secondo me, sono comunque da vedere (tra l'altro sono anche in Abbonamento Musei) perchè raccontano la vita della zona, con esposizione di attrezzi d'epoca, con stanze dedicate ai vari aspetti: la casa, la religione, l'allevamento, l'agricoltura, i vigneti ecc, con contributi che fanno capire le modifiche che sono state fatte al territorio nel corso dei decenni. Una parte molto interessante è quella sui soffitti in gesso, magnifiche decorazioni ritrovate, inizialmente per caso, in umili case contadine.

Un interno del castello

Se volete più informazioni sul castello potete cliccare qui.

E dal lato contadino del territorio passiamo invece al lato nobile: andiamo a Govone. Paese conosciuto ormai per la famosissima manifestazione natalizia, è dominato dal castello reale, residenza estiva di Carlo Felice di Savoia. Dal 1997 patrimonio Unesco, il castello è molto più antico, già in epoca medievale c'era qui una fortezza, chiaramente rimaneggiata col tempo, come succede un po' ovunque. I proprietari di allora, i conti Solaro, chiesero a Guarino Guarini di ampliarlo e abbellirlo, ma i lavori verranno terminati da Benedetto Alfieri, nel XVIII secolo. Divenne proprietà dei Savoia nel 1792, mentre da inizio Novecento è del Comune, che lo rese anche scuola (come si può notare da alcuni "graffiti" dei bambini sui muri) e luogo di comunità per i cittadini.


Chiaramente spiegare qui tutto il castello sarebbe troppo lungo, sappiate che da visitare ce n'è, immergendosi nell'atmosfera bucolica della vita di villeggiatura, affacciandosi dalle finestre per ammirare il verde o i tetti del paese. 

Il paese visto dal castello

Dai telamoni che vi danno il benvenuto ai lati dell'entrata principale (e che arrivano dalla reggia di Venaria) si procede poi verso gli appartamenti del re Carlo Felice e quelli della regina Maria Cristina di Borbone, raffigurati anche in vari ritratti. Altri quadri invece rappresentano i precedenti proprietari. 


Di grande effetto sono le decorazioni in carta da parati cinese degli appartamenti dei principi della corte in visita. Presenti in varie residenze reali, secondo il gusto dell'epoca, qua si presentano veramente in abbondanza: sono quattro cicli riguardanti porcellana, thè, riso e seta; moltissimi sono i personaggi e i particolari da osservare in questa zona del castello.

Le stanze cinesi

Si arriva poi al salone d'onore, che è l'ultimo locale che si visita, per concludere in bellezza. Affrescato totalmente a trompe l'oeil propone finte architetture che danno l'impressione di essere in mezzo a sculture e colonne. Il tema raffigurato è il mito di Niobe che Carlo Felice, da uomo di cultura qual'era, aveva visto a Firenze ai tempi del suo fidanzamento. 

Il salone d'onore

Una curiosità, in questo castello è stato registrato, pochi anni fa, il reality "Come una volta", in cui giovani ragazzi e ragazze venivano catapultati nel 1800, vivendo come all'epoca. Purtroppo in tv non ha avuto il successo meritato, il pubblico italiano è interessato ad altri generi di reality, ma il poco che si è visto è stato comunque molto interessante e rappresentativo dell'epoca.

Nel castello vengono poi organizzate anche mostre ed eventi di vario genere. 

Se volete maggiori informazioni sul castello cliccate qui, e vi si aprirà un mondo.