domenica 18 dicembre 2022
LEONARDO E UN'OMBRA, TRA SALUZZO E REVELLO
domenica 6 novembre 2022
TRACCE DI NOBILTA' (E NON SOLO) IN VALLE GRANA
La Valgrana è una vallata molto conosciuta soprattutto per Castelmagno (santuario e formaggio), per la sua bellissima natura, che si può esplorare su vari sentieri in tutto il territorio. Io vi avevo già parlato dei pupazzi della frazione S. Pietro di Monterosso (qui il link all'articolo), che vogliono ricordare la vita di un tempo della zona.
L'ospizio della Trinità di Valgrana |
Come sempre, voglio invece farvi scoprire un altro lato della vallata, quello un po' più nascosto e, in questo caso, nobile, con l'aggiunta di qualche chiesetta o edificio poco conosciuto ma molto interessante. Sì perché nei vari comuni sono presenti anche alcuni castelli, in quanto la vallata era feudo dei marchesi di Saluzzo e veniva amministrata da un ramo collaterale degli stessi marchesi, i Monterosso di Valgrana, nati da Eustachio, figlio di Tommaso II di Saluzzo.
Ma partiamo dall'inizio. Il primo paese che si incontra salendo da Caraglio è VALGRANA. Nel centro della località si trova il palazzo dei conti, risalente al XVII secolo, riconoscibile dallo stemma sulla facciata. Pare che all'interno presenti ancora soffitti affrescati e varie decorazioni, ma purtroppo, come spesso succede, non è visitabile.
Lo stemma sulla facciata del palazzo del conte di Valgrana |
Sulla stessa strada del palazzo, ma dal lato opposto, si incontra presto un arco di pietra; lo si oltrepassa e si scopre un edificio non nobile ma comunque rimarchevole. Si tratta dell'Ospizio della Trinità, uno dei pochi edifici rimasti in provincia, che ricordano la loro funzione di ospitalità e assistenza medievale. Si tratta di una casetta su due piani con, al piano terreno, la cucina e al piano superiore le camere (anche questo non è visitabile). Sulla facciata vi sono affreschi attribuiti ai fratelli Biazaci di Busca, databili tra il 1455 e il 1470, raffiguranti la Vergine col Bambino in Trono. La Trinità è rappresentata come tre figure maschili che emergono dal medesimo corpo.
L'ospizio della Trinità |
Ritornando in paese, dopo una breve tappa sotto la tettoia davanti al municipio, dove si trovano una postazione di bookcrossing, una fontana sempre utile per rinfrancarsi e un paio di opere d'arte appese al muro, si può ancora osservare, sulla facciata laterale dell'Albergo del Viale, vicino al parcheggio principale, un affresco del XVIII secolo raffigurante la Sindone. Una breve deviazione in auto sulla strada che sale a Montemale vi porterà invece alla cappella dei Santi Bernardo e Mauro, situata all'incrocio su diverse vie. Decorata da Pietro da Saluzzo, presenta affreschi in buone condizioni raffigurati la Madonna in Trono, gli Evangelisti e l'Annunciazione.
La cappella di S. Bernardo e Mauro |
Tornati sulla strada principale della vallata si sale a MONTEROSSO GRANA. Lasciata l'auto nei pressi del comune (davanti al quale troverete una panchina con un cuore rosso, per scattare una foto ricordo tra innamorati), si prende la via che porta verso la collina e qui sembra subito di entrare in un'altra epoca. Dopo uno spiazzo con antichi edifici e varie decorazioni che sembrano opere d'arte, si trova il ponte a un'arcata. L'occhio va subito al castello, oltre il fiume, ma anche alla torre sulla collina. Essendo abituata che in genere sulle colline ci sono i ruderi dei castelli, ho sempre pensato che questo discorso valesse anche in questo caso. E invece ho dovuto ricredermi e scoprire come stanno realmente le cose.
La torre sulla collina |
La torre è in realtà quel che rimane di un'antica fortificazione del IX-X secolo, mentre il castello è l'edificio più in basso, con tanto di merli, arco, portale in legno ecc. E' stato costruito tra il XIV e il XV secolo sui resti di un edificio più antico dal marchese di Saluzzo Federico il quale lo infeuda, come vi ho raccontato all'inizio, ai Monterosso di Valgrana.
Il castello oltre il fiume |
L'edificio è diventato una dimora signorile nel XVII secolo e, come sempre, purtroppo, non è visitabile, in quanto di proprietà privata. Però ci si può arrivare davanti, perché l'arco di accesso è comunale e riporta ancora, oltre a uno stemma, un vago cenno di pittura nella parte interna; era un affresco di Giors Boneto di Paesana, ormai quasi totalmente scomparso.
Una particolarità è data dal campanile che si trova lì vicino al castello, dato che presenta un muro che lascia pensare a un ulteriore edificio. Si tratta infatti del campanile della chiesa di S. Giuseppe, abbattuta negli anni '50 perché pericolante.
Ultimo paese della vallata che presenta un castello antico è PRADLEVES. Lo si trova all'imbocco del paese, ora trasformato in albergo e quindi sicuramente trasformato rispetto all'originale; ricorda comunque un passato nobile e risale al XIII secolo.
Con queste poche informazioni spero comunque di avervi dato una nuova visuale della vallata e di avervi invogliato ad andare a ricercare anche la storia dei luoghi, oltre che la natura.
venerdì 26 agosto 2022
UNA CERTOSA E UNA PANCHINA
- - la sala capitolare
- - la chiesa duecentesca, molto essenziale
- - un piccolo lapidario, sotto il portico della chiesa antica
- - la chiesa nuova, costruita nel 1500 sopra quella antica. Colpisce molto per il fatto che le pareti sono spoglie, mentre la volta è completamente decorata. Gli affreschi sono di Giovanni Claret e risalgono al 1600.
- - parte del chiostro ottocentesco, non completamente accessibile in quanto utilizzato anche dalla Casa di Spiritualità che organizza incontri ed eventi religiosi.
- - lo scalone monumentale del 1700, di Giovenale Boetto
- - in fondo allo scalone a destra si trova l'affresco del 500, staccato da una parete del mulino del monastero e raffigurante la Madonna della Misericordia con i lembi del manto tenuti sollevati da San Giovanni Battista e San Brunone (il fondatore dell'ordine certosino).
- nel parco è presente uno degli alberi monumentali del Piemonte, un pino strobo di 200 anni, col fusto di 6 metri di circonferenza e alto circa 50 metri. Pensate che io l'avevo visto da piccola, quando avevo visitato la Certosa in gita scolastica, e non l'ho mai dimenticato. E' veramente maestoso.
lunedì 18 luglio 2022
PEVERAGNO
Peveragno, secondo me, è uno dei tanti paesi sottovalutati della nostra provincia. Molto conosciuta per la fragola, con tanto di sagra e miss, abbastanza conosciuta ormai per una delle famosissime panchine giganti che sbucano come funghi, ma quanti si sono soffermati sul centro storico? Io stessa ammetto di conoscerlo pochissimo e infatti, quando ci sono stata, sono rimasta stupefatta da quante particolarità ci fossero da vedere per vie e stradine del centro. Ma, come sempre, partiamo dall'inizio.
La chiesa di S. Giorgio, sulla collina |
Peveragno è un bel paesino situato tra Cuneo e Mondovì, ai piedi del monte Bisalta. E' nominato per la prima volta nel 1299 nella forma di Piperanium, dalla famiglia morozzese dei Pipa, che dominava molti territori in zona. Ma la storia del luogo è molto più antica. Parte da un luogo che si chiamava Forfice, che era il primissimo insediamento del comune, situato verso l'attuale frazione Madonna dei Boschi. Ormai del borgo non rimane praticamente più nulla, anche se esiste ancora la chiesa di S. Pietro in Forfice; a un certo punto gli abitanti hanno deciso di trasferirsi nel nuovo borgo, che cresce e diventa l'attuale comune.
Uno scorcio di via Giordana di Clans |
Per visitare il paese io ho parcheggiato nella piazza principale, quella del comune, il cui nome ufficiale è Piazza Toselli, poi vi racconto chi è stato quest'uomo. A piedi attraversate Via Roma e infilatevi in Via Giordana di Clans, per immergervi subito nella parte più antica. Vi accoglierà un murales raffigurante una piantina del 1857, poi vedrete insegne dei negozi dipinte sui muri, meridiane e antiche botteghe. A un certo punto arriverete a un'antica casa medievale, con gli archi in mattoni e i portici bassi (ps. alzate gli occhi, guardate l'affresco di una principessa e continuate a leggere per scoprire chi era). E poi un piccolo pozzo, che veniva usato da tutti gli abitanti del borgo. Successivamente si trova la Confraternita, molto probabilmente progettata da Francesco Gallo di Mondovì e attualmente usata per mostre ed eventi.
L'arco del ricetto |
Si passa poi sotto l'antico arco del ricetto, l'unica porta di accesso al paese rimasta. Si intravedono ancora resti di affreschi con iscrizioni in latino, una delle quali risale ai tempi in cui Amedeo VIII di Savoia incorporò Peveragno nei suoi domini, nel 1419.
Piazza Carboneri |
Oltre l'arco si trova Piazza Carboneri con una fontana (ne esisteva una già moltissimi anni fa anche se questa è più recente) e, in fondo, altri edifici porticati con murales che raccontano frammenti di storia locale.
La casa natale di Pietro Toselli |
Proseguendo per via Abate si incontra, sulla sinistra, la casa natale di Pietro Toselli, maggiore caduto eroicamente all'Amba Alagi nel 1895 (il cui monumento, di Ximenes, si trova nella piazza in cui avete parcheggiato).
Stemma dei Campana, in piazza Santa Maria |
Si arriva infine in Piazza Santa Maria, in cui conviene sostare un momento. Subito di fronte a voi c'è un'antica casa del XV secolo, con un piccolo portico che ora ospita un bar. Era casa Campana e, sul pilastro angolare in pietra, si notano ancora le effigi di un cavaliere e lo stemma della famiglia, con appunto raffigurate delle campane. In più potrete cercare una cosa che io ho scoperto esistere soltanto dopo essere stata in paese, e cioè un'effige sul pilastro di una casa raffigurante una forbice, ricordo dell'originario borgo di Forfice (chiamato così perchè situato alla biforcazione tra due vallette).
La statua di Vittorio Bersezio |
Nella stessa piazza si trovano anche la chiesa di S. Maria del Paschero (dentro la quale si trovano una croce di marmo e una vasca battesimale provenienti dalla Certosa di Pesio) e, a lato, la statua di Vittorio Bersezio. Commediografo, autore della commedia dialettale "Le miserie 'd Monsù Travet", è qui ricordato in quest'opera di Bistolfi.
Procedendo per via Marconi si arriva in Piazza XXX Martiri, che vuole ricordare 30 peveragnesi morti durante una rappresaglia nazista nel 1944.
Murales in via Roma |
La passeggiata prosegue lungo Via Roma, la via principale del paese, costellata di murales che ricordano le antiche botteghe del luogo e altre caratteristiche storiche che vi accompagnano fino al punto di partenza, Piazza Toselli. Se girate attorno all'edificio comunale vedrete, nel cortile retrostante lo stesso, un pezzo di muro: era parte della porta Pusterla, una delle porte di accesso al paese.
Resti di porta Pusterla |
Come sempre, io vi ho dato delle indicazioni e non vi ho di certo raccontato tutto; ma sappiate che, passeggiando comodamente, potrete scoprire molto altro sul paese, grazie anche agli ottimi cartelli turistici sparsi ovunque, che non mancheranno di raccontarvi altre storie.
Terminata la visita al centro ci si può dirigere verso la collina di S. Giorgio (se volete c'è un parcheggio comodo davanti a un supermercato di un noto marchio). La camminata non è lunga e si arriva alla panchina gigante, una delle prime sorte in provincia e, mi pare, l'unica con una specie di meridiana solare raffigurata dietro la panchina, sul terreno. I raggi del sole passano attraverso un cuore intagliato sullo schienale della panchina e raggiungono il quadrante. Per saperne di più non vi resta che salire e leggere la spiegazione completa.
Il cuore della panchina gigante |
Ma, la cosa che più mi ha sorpresa quando sono salita sulla collina, è un edificio che per me è stato assolutamente inaspettato, non avevo idea della sua esistenza. E' la cappella di San Giorgio, molto molto antica. Fu infatti, ben probabilmente, fatta costruita dai trasfughi di Forfice che, arrivati nella nuova zona di residenza, volevano un edificio a protezione del nuovo borgo. Risale quindi circa al XII secolo. Al suo interno c'erano molti affreschi, raffiguranti San Giorgio che sconfigge il drago e libera la principessa. Parte dell'affresco è stata rubata a inizio degli anni '90 ma, vi ricordate l'affresco della principessa che vi ho nominato a inizio articolo? Proprio lei, era l'affresco della chiesa di S. Giorgio, riprodotto nel borgo antico grazie a un peveragnese.
La facciata della chiesa di S. Giorgio |
La chiesa è anche conosciuta dagli amanti dell'archeo-astronomia in quanto, nel giorno del solstizio invernale, il sole illumina per due volte i dipinti attraverso le finestre. Ma non è tutto qui. E il campanile? Così "strano"? Non vogliamo parlarne? E proprio questo l'inaspettato che mi ha stupita così tanto: un campanile a forma di minareto (più unico che raro, penso, in provincia), in ricordo di Mario Lago, peveragnese Governatore di Rodi e del Peloponneso dal 1922 al 1936. Pensate che, nell'isola di Rodi, fu fondata una colonia chiamata Peveragno Rodio. Come dite? Ci volete andare? Beh, sappiate che la colonia ora è quasi tutta occupata da edifici militari, quindi non accessibile, ma alcune parti sono quanto meno avvicinabili, come la chiesa, mentre altre strutture agricole sono ora usate come punto vendita per prodotti locali. E' sempre curioso, per me, trovare corrispondenze cuneesi anche al di fuori dell'Italia.
Avete visto quante cose belle ci sono da scoprire in questo bel borgo? Mi raccomando visitatelo e fatemi sapere se vi è piaciuto come a me.
venerdì 1 luglio 2022
NON SOLO LAVANDA
Il castello |
Gli affreschi della chiesa di S. Sebastiano |
domenica 12 giugno 2022
BELLINO: BORGATE CHIESA E FONTANILE
Di Bellino vi avevo già parlato qui: è un comune della Varaita composto da dieci borgate. Nell'altro articolo avevo descritto le frazioni S. Anna, Chiazale e Celle. Stavolta invece mi fermerò prima, salendo la vallata, in due borgate sicuramente meritevoli di una visita.
Borgata Chiesa: qui potete lasciare l'auto e immergervi in un'atmosfera antica, quella di un luogo che esisteva già nel 1329, col nome di Villa Ecclesiam. Provate a lasciarvi alle spalle i giorni nostri, appena vi inoltrate nel vicolo principale; provate a immaginare come poteva essere una volta: i bambini che uscivano da scuola, le donne che andavano a Messa, chi si accingeva a sistemare la legna sotto i portici, chi andava al forno, chi puliva i panni al lavatoio, chi andava all'osteria dopo una giornata di lavoro eccetera. Vi sembra impossibile? Eppure qui c'era tutto questo e molto di più: c'erano forni, case di riposo di mutua fratellanza, artigiani di vario genere ...
Tutto questo lo potete leggere negli edifici, sulle pareti delle case, sui portoni di legno decorato, sulle rampe che servivano per raggiungere i fienili, sopra le case.
Sulle pareti delle case troverete le famose têtes coupées celtiche, troverete le meridiane del circuito "Bellino solare", di cui vi avevo già parlato; dietro la chiesa sono murate una figura quadrupede e un'altra "faccia", curiosamente capovolta. All'interno del cimitero vi è una colonna decorata molto particolare. E' sormontata da una croce che ricorda la valanga del 1872, passata vicinissima alla chiesa, che provocò vari danni. Il capitello della colonna, posizionato anch'esso capovolto, proviene dalla chiesa romanica e raffigura su due lati la Vergine Maria col Bambino e Maria di Magdala.
Dovete sapere inoltre che la chiesa è stata costruita su un antico edificio precristiano, forse dedicato al dio Belenus. L'edificio originario era romanico ma è stato modificato in tempi successivi. Il campanile è in stile romanico lombardo del XIV secolo, con bifore, e svetta su tutta la borgata. Come molte chiese venne trasformata in tempio calvinista nel 1578 e poi riconsacrata alcuni decenni dopo, modificandone anche l'orientamento. E' attualmente intitolata a S. Giacomo e posta sul cammino per Santiago de Compostela.
Dopo questa piccola parentesi storico-artistica si può proseguire la visita lungo i vicoli della frazione, per poi ritornare al punto di partenza, il parcheggio. Di qui, sempre a piedi, potete attraversare il ponte e raggiungere la borgata Fontanile.
Fontanile, lo si capisce subito, prende il nome da risorgive e fontane che in passato si trovavano in zona. Anche oggi, poco prima delle case, sulla sinistra, noterete una piccola fonte, detta "Evont la rato".
Anche questa è una borgata già esistente nel 1329; ho notato, cercando online, che è molto poco conosciuta, quando invece secondo me merita sicuramente di farci due passi. Anche qui verrete accolti da un'atmosfera antica, magari con l'odore del fumo delle stufe, del legno, un cane che vi accompagna lungo la breve via principale, fino ad arrivare a uno slargo in cui si trovano il forno comunitario e il lavatoio. E anche qui non viene difficile immaginare come fosse la vita di un tempo, sembra quasi di sentir parlare gli abitanti del luogo, in occitano. Forse racconteranno della giornata di lavoro ai forni di calce, presenti vicino al torrente Varaita, oppure a uno dei tanti mulini presenti in zona, o anche alla cava di pietre, attiva fino al 1940.
Uno scorcio che ho trovato molto caratteristico è un sottopassaggio in pietra, con tanto di riserva di legna, buca delle lettere e una piccola porticina. Lo percorro e sbuco in un altro piccolo slargo con una bellissima casetta dipinta in colori pastello, ristrutturata in varie epoche diverse, dal 1700 in poi.
Molte delle informazioni che vi ho qui riportato le ho lette sui pannelli che ho trovato nelle due borgate. Ottima idea, da parte del comune, visto che online non si trovano molte notizie di questi luoghi.
domenica 6 marzo 2022
UNA BORGATA SOMMERSA E UNA DIGA
"C'era una volta ..." Sì, stavolta è proprio il caso di iniziare così l'articolo, perchè c'era una volta, fin dal XIV secolo, una borgata incastonata tra i monti, col suo bravo torrentello, la chiesa, il cimitero, il forno, la fontana, le casette in pietra e legno, i fienili e le stalle. Ancora oggi ce ne sono molte di borgate così, ma questa non c'è più. Un lago l'ha sommersa, ormai molti anni fa.
I ruderi del campanile della borgata sommersa |
Ci troviamo in Valle Varaita, a Pontechianale, luogo conosciutissimo di villeggiatura estiva e invernale, dove si trova appunto la diga che, nel 1942, ha sommerso la Borgata Chiesa, una delle frazioni che componevano il comune.
Partiamo dall'inizio. Attualmente, arrivando a Pontechianale, la prima frazione che si incontra è Castello, piccolina e raccolta: si passa davanti alla chiesetta e, subito dopo, la vista si apre sul lago, su quegli 11 milioni d'acqua trattenuti da una diga alta 70 metri. Già qui si può fermare l'auto, ammirare il panorama, passare anche sopra la diga e oltrepassare il lago, andando verso i boschi e scoprendo una passeggiata che, in un'oretta, lo costeggia tutto, fino al centro del paese per poi tornare a Castello.
Il lago visto da oltre la diga, verso il bosco |
Ma, come dicevamo prima, dove ora c'è il lago, una volta c'era una borgata. E qui bisogna partire con la fantasia, provare a immaginare come fosse il luogo prima degli anni 40, quando non c'era ancora l'acqua, ma c'erano le case, c'erano le persone che lavoravano, che chiacchieravano, le donne che magari filavano al sole sull'uscio di casa, vestite con i loro abiti tradizionali, e la vita scorreva tranquilla.
In realtà tutta la zona era interessante: una leggenda parlava addirittura di un tesoro sepolto, ed esisteva una caverna abitata da pipistrelli.
Altri ruderi che emergono dal lago con la siccità |
Un bel giorno però si decide di costruire una diga e il paese viene smantellato: niente più vita tranquilla vicino al torrente Varaita, niente più fontana, niente più chiesa, niente più mulino, niente di niente. Cosa rimane di tutto questo? La ghiera del portale della chiesa, in marmo bianco con capitelli scolpiti raffiguranti teste umane e animalesche, è stata "montata" sull'attuale chiesa di S. Pietro in Vincoli nel centro di Pontechianale. E anche l'intitolazione della chiesa è la stessa di quella della borgata sommersa.
Il porta della chiesa di S. Pietro a Pontechianale |
Rimangono fotografie che si possono trovare online e, di recente, anche su molti pannelli posizionati lungo tutto il percorso del lago; sono un documento importantissimo, proprio per capire com'era fatto il borgo (su uno dei pannelli c'è anche la cartina), per capire cosa rimane degli edifici durante i vari decenni. C'è anche un bel libro che parla di tutto ciò: si intitola "La vallata sommersa", scritto da Paolo Infossi.
E poi c'è la siccità, che è una brutta bestia, lo sappiamo, ma che ha permesso, in particolar modo in questo periodo, di portare alla luce o, come piace dire a me, di far respirare, i ruderi della frazione. Già alcuni anni fa, in autunno, ero andata a vedere quel che rimaneva, ed ero rimasta impressionata dalle volte in pietra degli edifici, perchè sembravano (e sembrano ancora oggi) occhi emersi dal passato per scrutare i giorni nostri. Quest'anno, però, la siccità è ancora maggiore, il livello dell'acqua è sceso tantissimo, e ha fatto emergere persino quel che resta del campanile della chiesa, che non avevo mai visto in vita mia, se non in foto.
Gli "occhi" di Borgata Chiesa |
Se vi trovate in zona e decidete di "scendere nel lago" fermatevi e guardate queste pietre, questi "occhi", pensate che tutto ciò di solito è sommerso, pensate per un attimo alle persone che hanno abitato qui, a come poteva essere la loro vita quotidiana. Non è una cosa che capita tutti i giorni, fotografate quello che potete, per documentare il più possibile e non perdere la memoria di chi è vissuto prima di noi.